AIR GUN
- Categoria: Ambiente
- Pubblicato: Sabato, 23 Giugno 2018 00:00
- Scritto da Maria Grazia Sereni
I pericoli per i nostri mari sono sempre latenti, e tutto per gli interessi economici delle grandi multinazionali alle quali poco importa distruggere tutto ciò che dovrebbe invece essere religiosamente preservato.
L’ennesima richiesta di prospezione con air gun presentata dai petrolieri prevede ancora una volta un bombardamento a tappeto sui fondali dei nostri mari, questa volta al largo di Santa Maria di Leuca. E non basta che quest’area sia classificata come EBSA, ossia come particolarmente preziosa per l’ecosistema marino nel suo complesso.
È questa la denuncia che arriva da Greenpeace che nel nuovo rapporto “Troppo rumor per nulla. Un altro assalto degli air gun al nostro mare, tra Adriatico e Ionio” punta il dito contro la ricerca di nuovi giacimenti di fonti fossili da parte della Edison S.p.A. (Permesso di Ricerca di Idrocarburi Liquidi e Gassosi “d 84F.R-EL”), che si avvarrebbe della tecnica dell’air gun, un dispositivo che, generando artificialmente onde d’urto e analizzandone la riflessione sui fondali marini, permette di identificare i depositi di idrocarburi offshore.
Per la ricerca di un giacimento marino sono usate decine e decine di air gun, disposti su due file a una profondità di 5-10 metri. Quello che fanno è produrre delle violente detonazioni ogni 10-15 secondi per settimane, in maniera continuativa.
Il rumore generato è almeno il doppio rispetto a quello del decollo di un jet e gli effetti che ne conseguono sull’ecosistema marino, documentati in numerosi studi, non risparmierebbero specie come tonni, pesci spada, squali, mobule, cetacei, tartarughe caretta.
E non solo: sono in pericolo anche organismi come coralli e spugne che rappresentano importanti serbatoi di biodiversità, sono aree di riproduzione di numerose specie ittiche di importanza commerciale e contribuiscono al riciclaggio di materia organica nella catena trofica.
Un vero paradiso, insomma, motivo per cui quest’area al largo di Santa Maria di Leuca, secondo la Convenzione sulla Biodiversità (Convention on Biological Diversity - CBD), è classificata come EBSA, ovvero come particolarmente preziosa per l’ecosistema marino nel suo complesso. E lo stesso motivo per cui, sottolinea Greenpeace, è stato deciso di tutelare questi fondali dalle attività di pesca a strascico.
Per proteggere le comunità degli abissi del Mediterraneo, dal settembre 2005, infatti, la Commissione Generale per la Pesca nel Mediterraneo della FAO (GFCM FAO) ha decretato il divieto dell’uso di reti a strascico e draghe ad una profondità superiore ai mille metri. Troppo poco per questi fondali, e così il divieto è stato esteso a quest’area (e ad altre) con la decisione nel 2006 che ha qui instituito una Fisheries Restricted Area (FRA).
E l’area che Edison vuole bombardare è a pochi chilometri dalla FRA.
Una zona in cui i pescatori non possono pescare verrà sottoposta a impatti sonori di centinaia di decibel?
Qualcosa non quadra. Se si volesse trivellare in questa zona, gli effetti sulla FRA dei coralli di profondità di S. Maria di Leuca sarebbero probabilmente inevitabili. Ogni materiale disperso (dalle operazioni di trivellazioni o da sversamenti di idrocarburi) arriverebbe in poco tempo sulla zona dei coralli, a causa del regime delle correnti prevalenti in quest’area orientato con una direzione che, dal Mare Adriatico, porta verso ovest in direzione del Golfo di Taranto.
“Ci sono Paesi che hanno vietato la ricerca, e quindi l’estrazione, di nuovi giacimenti fossili nei loro mari. Ultima in tal senso la Nuova Zelanda, che sta rinunciando a riserve infinitamente più consistenti di quelle presenti sotto i nostri fondali, pur di proteggere questi ecosistemi, il clima e ogni altra attività economica legata al mare e potenzialmente danneggiata dal petrolio. Cosa aspetta l’Italia a darsi un indirizzo conseguente con gli impegni presi in sedi internazionali come l’Accordo di Parigi?”, si chiede Alessandro Giannì, Direttore delle Campagne di Greenpeace Italia.
Greenpeace precisa nel suo rapporto che “la scoperta dei banchi di coralli di acque fredde (o di profondità, o “coralli bianchi”) al largo di Santa Maria di Leuca ha fatto di questo tratto di mare un’area di primissimo interesse biologico. Si tratta di comunità dominate da Madrepora oculata e Lophelia pertusa. Questi banchi di coralli di profondità sono un hot spot di biodiversità. Ci sono non meno di 222 specie a profondità tra 280 e 1121 metri. Spugne (36 specie), molluschi (35), cnidari (o celenterati: coralli, anemoni…: 31 specie), anellidi (24 specie, di cui una trovata qui per la prima volta nel Mediterraneo), crostacei (23), briozoi (19) e 40 specie di pesci”.
Per cui, secondo l’associazione ambientalista la richiesta di permesso presentata da Edison per sondare i fondali di questo tratto di mare è lacunosa e omissiva, nel valutare i possibili impatti dell’air gun sull’ambiente. Per questo l’associazione presenterà le sue osservazioni nel merito al Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, per chiedere il respingimento di questo ennesimo tentativo di oltraggio ai nostri mari.
Cosa aspettano, allora, le istituzioni locali a contrastare una prospettiva che minaccerebbe turismo, pesca e comunità costiere? E, soprattutto, cosa si aspetta ad ascoltare anche la voce della società civile che vive in quei territori?
Germana Carillo