SEALLY LA FOCA
- Categoria: Racconti
- Pubblicato: Giovedì, 22 Giugno 2017 00:00
- Scritto da Maria Grazia Sereni
Seally fece un passo indietro quando si avvide degli uomini che stavano avvicinandosi al branco.
Incerta sul da farsi, si adagiò dietro un cumulo di neve per osservare la scena.
Quando il primo bastone uncinato si abbatté su un piccolo spaccandogli il cranio, tremando si tuffò in acqua. Gli anziani le avevano raccontato della consuetudine degli umani di uccidere, ogni primavera, tanti cuccioli di foca, la cui pelle sembrava essere molto pregiata per loro.
Seally non aveva creduto a quelle storie finché non aveva verificato con i suoi occhi la tremenda realtà.
“Tra poco partorirò anch’io un piccolo. Come farò a salvarlo da una fine tanto orribile?” si chiese la nostra giovane foca mentre nuotava attenta a non farsi aggredire da qualche predatore.
Nuotò a lungo tenendosi accanto alla riva finché vide gli uomini andarsene con il loro bottino di pelli. Poi risalì sulla banchisa per aiutare le madri a disfarsi dei corpi senza vita dei loro piccoli.
I lamenti delle povere foche si udivano a malapena: il loro dolore era così grande che neppure un grido poteva servire a contenerlo.
Seally era sempre più preoccupata per il piccolo che sarebbe nato a giorni. Cercò conforto tra gli anziani che, tuttavia, scuotevano la testa impotenti.
Poi apparve in lontananza un cucciolo di uomo. Seally non sapeva cosa fare. “Che sia pericoloso pure lui?” si chiedeva con il terrore che percorreva il suo corpo paralizzandola.
Intanto il ragazzo si avvicinava sempre più e, facendosi largo tra i corpi straziati dei cuccioli di foca e le loro madri che li piangevano, arrivò infine davanti a Seally.
La osservò con attenzione, notò il suo timore, i grandi occhi dolci che parevano implorare pietà e nel suo cuore nacque un guazzabuglio di sentimenti che lo fecero vergognare da un lato – di appartenere a una specie tanto crudele – e desiderare con forza di aiutare quei poveri animali a salvare i loro piccoli.
“Mi chiamo Sean,” comunicò alla nostra giovane foca, “e sono vostro amico. Ditemi che cosa posso fare per voi.”
“Credo che tu possa fare ben poco,” rispose una mamma foca in lacrime. “Tu sei solo un ragazzo, mentre gli uomini che uccidono i nostri piccoli sono adulti crudeli. Ma grazie, Sean, grazie per la tua simpatia…”
Il ragazzo osservò tutto, mentre i suoi occhi si riempivano di lacrime, conscio di quanta ragione avesse mamma foca.
Poi corse via da quella scena che lacerava il suo animo e arrivò a casa con i singhiozzi che gli scuotevano il petto.
La madre, quando lo vide in quello stato, si preoccupò moltissimo e gli chiese che cosa fosse accaduto.
Il ragazzo narrò la sua esperienza chiedendo alla madre che cosa si potesse fare per evitare il massacro di cui era stato testimone.
“Purtroppo molto poco, Sean. Con la mia associazione stiamo portando avanti una protesta documentata da milioni di firme, ma il governo non ci sente: non vuole rinunciare ai profitti che derivano da questa attività.”
“È il denaro allora il motore di tutto!” esclamò il ragazzo.
“Ebbene sì, purtroppo!”
“Ho visto i corpi straziati, la neve rossa del sangue delle vittime, ma che ci succede? Perché tanta crudeltà? Ho deciso: girerò un video e mi farò aiutare dai miei amici di facebook per diffonderlo. Bisogna che la gente sappia il dolore che c’è dietro una pelliccia, che sia di foca o di qualche altro animale. Che ne pensi mamma?”
“Sono d’accordo, anche se la strada è lunga. Bisognerebbe innanzitutto convincere la gente, poi i governi che, spesso, sono condizionati dalle multinazionali e infine agire in prima persona con dei picchetti che impediscano agli assassini di compiere il loro macabro lavoro. Ma non è facile: la strada da percorrere è molto lunga, tuttavia, un passo per volta, la consapevolezza prenderà il sopravvento. Almeno lo spero!”