COSETTINO IL VERME MARINO 2
- Categoria: Racconti
- Pubblicato: Domenica, 26 Aprile 2020 00:00
- Scritto da Maria Grazia Sereni
C’era una volta un verme marino ermafrodita chiamato Cinto di Venere. Maturò diverse uova, le fecondò e le rilasciò nel mare. Quando le uova si schiusero, nacquero tanti vermicini, alcuni rosati, altri bianchicci, ma tutti molto belli. Uno in particolare colpì la fantasia della madre che lo rimirò, gli scivolò accanto e decise infine di chiamarlo Cosettino.
Erano felici i due vermi: la madre fendeva il mare con il suo corpo sinuoso, orgogliosa di avere accanto a sé un figlio tanto bello, e il figlio, dal canto suo, si sentiva protetto da quell’amore così intenso.
Un brutto giorno però Cosettino si allontanò troppo dalla genitrice e lei, con raccapriccio, vide il suo adorato figlioletto ingoiato da una murena.
Pianse e pianse la povera madre, ma non c’era nulla da fare, non avrebbe mai più rivisto il suo Cosettino.
Poi invece un’idea le frullò in testa: perché non farsi ingoiare a sua volta? Avrebbe così condiviso la sorte del figlio e, se morire dovevano, sarebbero morti insieme.
Si avvicinò alla murena e le parlò: “Salve murena, se anche tu sei madre, capirai il mio dolore. Hai appena mangiato mio figlio, e io ti prego con tutto il cuore di restituirmelo, sempre che tu non l’abbia masticato con quei tuoi denti aguzzi. Allora? che mi rispondi?”
“Che cosa vuoi che mi importi di tuo figlio? Anche se, a essere sincera, non mi sono neppure accorta di aver mangiato un pesce…”
“Oh, ma noi non siamo pesci bensì vermi marini.”
“Vermi marini? Puah, che schifo! Ora te lo vomito subito il tuo figliolino.”
Detto, fatto. La murena aprì la bocca dalla quale uscì Cosettino, un po’ stropicciato ma intero.
La madre lo accolse tra le sue spire e lo accarezzò con le ciglia che ricoprivano il suo corpo.
“Devi fare più attenzione Cosettino, non sono più tanto giovane e tutte queste emozioni mi uccidono!”
“Scusa, mamma” bofonchiò il figlio, “ero distratto perché ho visto un oggetto strano che passava proprio sopra di noi. Non ci hai fatto caso mamma?”
“No, tesoro. Sarà stata sicuramente una nave o qualche altra cosa del genere.”
“Sono pericolose queste navi, mamma?”
“Sì, pericolosissime. Non tanto le cose in sé, quanto gli umani che le utilizzano.”
“Che pesci sono gli umani, mamma?”
“Non sono pesci, sono esseri diversi da noi creature marine. Essi abitano sulla terra e, non potendo vivere in acqua, utilizzano le navi o le barche per attraversare il mare.”
“Quante cose sai, mamma!”
“Sì, caro, e bisognerà che te le insegni tutte se voglio che tu stia più attento ai pericoli che corre la nostra specie.”
Detto questo, i due se ne andarono verso la loro tana, dove trovarono anche i fratelli di Cosettino.
La madre riunì tutti i suoi figli ai quali parlò per ben due ore dei pericoli da evitare, dei predatori da cui stare alla larga, delle cose buone da mangiare e di quelle velenose. Insomma in quelle due ore i nostri piccoli amici si laurearono in sopravvivenza.
A quel punto la madre si sentì abbastanza tranquilla: “Ho fatto il mio dovere. Ora sta a loro mettere in pratica i miei insegnamenti.”
Per qualche giorno si disinteressò dei figli, tranne che di Cosettino che, essendo il suo preferito, era continuamente nei suoi pensieri. Lo seguiva ovunque, spesso nascondendosi per non essere vista: la poverina sapeva che Cosettino non avrebbe approvato il suo comportamento. Infatti, il nostro eroe si era mostrato più di una volta contrariato di essere accudito come un neonato.
Un giorno il vermicino intravide la madre che lo seguiva di nascosto e decise di darle una bella lezione.
Proseguì nella passeggiata come se niente fosse, finché giunse a un agglomerato di rocce in cui si apriva una fenditura della sua misura. Vi si intrufolò e si girò su sé stesso per vedere che cosa avrebbe fatto la madre che, di taglia molto più grande della sua, non sarebbe stata in grado di seguirlo. Tutto preso dallo scherzo che aveva deciso di fare, con le spalle girate verso il fondo della fenditura, dove era acquattato un grosso scorfano rosso, Cosettino iniziò a gridare: “Aiuto, qualcuno mi aiuti.”
La madre tentò in tutti i modi di intrufolarsi nella fenditura da dove sentiva provenire le urla del figlio, ma non vi riuscì. Quello invece che riuscì a fare fu di vedere sul fondo il rosso dello scorfano.
“Esci da lì, Cosettino!” urlò la poverina. “Sei nei guai figliolo. Ti prego non perdere tempo, forse lo scorfano non ti ha ancora visto. Vieni verso di me.”
Il vermicino si guardò alle spalle e vide l’enorme bocca aperta del predatore, bocca che stava risucchiando l’acqua in cui nuotava il nostro eroe.
“Mamma, aiuto!”
Un movimento brusco verso l’esterno di Cosettino impedì allo scorfano di ingoiarlo e permise alla madre di avvolgerlo nelle sue spire.
“Non farmi più prendere spaventi tanto forti. Cerca di essere un vermicino posato, non si può scherzare con i predatori: non perdonano mai. Mi prometti di essere più assennato in futuro?”
“Sì, mamma. Credo di aver imparato la lezione! Però tu non starmi sempre appresso: ho bisogno di un po’ di libertà pure io!”
“Affare fatto, Cosettino!”
(dal libro Animali, amici miei edito in marzo 2010)