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NATTY E NUTTY

  • Categoria: Racconti
  • Pubblicato: Giovedì, 19 Agosto 2021 00:00
  • Scritto da Maria Grazia Sereni

 

natty

Il mio nome è Natty, ho solo tre mesi ma sono già rimasta senza mamma.

È successo la settimana scorsa.

Mamma e io stavamo nuotando tranquille, quando abbiamo sentito dei rumori diversi dal solito.

Ci siamo immerse un po’ di più in acqua per controllare la situazione, ma nulla pareva così preoccupante.

“Vieni tesoro, andiamo nella tana,” mi ha invitata mamma che non si sentiva affatto tranquilla.

Sono entrata per prima e mi sono rifugiata proprio alla fine della galleria, mentre lei si è accomodata all’ingresso.

Nel frattempo il rumore si faceva sempre più intenso, finché abbiamo notato un’auto molto grossa con diversi umani a bordo. Che sono poi scesi con delle gabbie e dei lunghi bastoni di metallo.

Mamma ha capito subito che eravamo in pericolo, così mi ha invitata a seguirla fuori dalla tana e a nuotare fino alla riva opposta dove, speravamo, non ci sarebbero stati degli umani. Grosso errore! Anche là, allineati sulla sponda del fiumiciattolo, i nostri nemici ci stavano aspettando.

Già quattro di noi giacevano a terra insanguinati e stavano per essere rinchiusi nelle gabbie, mentre un andirivieni terrorizzato caratterizzava la scena.

Tutta la nostra comunità – eravamo in totale una trentina di nutrie – stava fuggendo dai colpi dei bastoni di metallo che sputavano fuoco e proiettili.

Mamma, lo vedevo bene, aveva gli occhi spalancati per il terrore che, probabilmente, le impediva di ragionare con freddezza.

Quando proprio quasi tutti i nostri compagni erano caduti sotto i colpi dei nostri aguzzini, mamma mi disse: “Vattene subito nella nostra tana e accucciati in fondo. Se dovessi vedere dei bastoni che entrano, cerca di non farti toccare. Se si convincono che la tana è vuota, sarai salva. Vai ora, nuota più che puoi sott’acqua in modo da non farti scoprire.”

“Ma tu perché vuoi restare? Vieni via con me. Nel cunicolo c’è posto per entrambe.”

“No tesoro. Io sono troppo grossa, non potrei nascondermi e farei scoprire anche te. Su, vai più in fretta che puoi. E buona fortuna piccola!” terminò con una leccatina sulla mia testa.

Mi tuffai, poi mi girai per un ultimo sguardo d’addio, proprio mentre mamma cadeva sotto i colpi dei bastoni di metallo.

Feci tutto ciò che lei mi aveva raccomandato.

Stavo già per convincermi di essere scampata al massacro, quando un bastone di legno penetrò nella mia tana.

Feci molta fatica a evitare che mi toccasse, ma infine vi riuscii.

Avevo il cuore che batteva a mille, ma mi calmai un poco quando sentii un umano affermare: “La tana è vuota, probabilmente li abbiamo già presi; andiamo a controllare le altre.”

Le gabbie con i cadaveri dei miei simili furono caricate sulla grossa auto e tutto finì.

Mi avventurai fuori della tana per controllare se ero l’unica superstite o se qualcun altro era scampato al massacro. Non trovai nessuno.

“E ora come farò?” mi chiesi in lacrime.

Piansi a lungo ma inutilmente perché nessuno poteva aiutarmi.

Per tutti i giorni seguenti non ho fatto altro che seguire gli insegnamenti di mamma, così sono riuscita ad alimentarmi e a nascondermi in una qualsiasi delle tane disponibili appena sentivo dei rumori sospetti.

Mi pesa molto la solitudine, e il ricordo di mamma che si è sacrificata per me è sempre presente nella mia mente.

Non riesco a capire perché gli umani siano così cattivi con noi. In fondo noi siamo esseri miti e vegetariani, quindi non riesco a comprendere il motivo di tanta crudeltà.

“Salve,” mi sorprende una giovane nutria, più piccola di me. “Sono rimasto orfano e non so ancora procacciarmi il cibo da solo. Mi terresti con te?”

“Certo. Così potremo farci compagnia. Qual è il tuo nome?”

“Mi chiamo Nutty e tu?”

“Io Natty. Vieni, andiamo nella mia tana, meglio essere prudenti dopo di quello che è successo nei giorni scorsi.”

Ora finalmente le mie giornate hanno un senso. Posso occuparmi del piccolo che da solo non sarebbe sopravvissuto.

Spesso gli racconto le stesse storie che ho appreso da mamma – a volte me ne invento anch’io qualcuna – e vedo che lui ora si è tranquillizzato.

Stamani ho sentito gli stessi rumori del fatidico giorno in cui c’è stato il massacro.

Ho preso sulle spalle Nutty e l’ho infilato in un cunicolo, raccomandandogli di non uscire fino a mio nuovo ordine. Gli ho anche suggerito di evitare eventuali bastoni, proprio come aveva fatto mamma con me.

Lo stesso ho fatto io in un’altra tana e ho atteso a lungo.

Il silenzio era sempre più opprimente.

Ho indovinato i bastoni che frugavano le tane, ho sperato che Nutty avesse compreso le mie raccomandazioni – ormai lo amo come se fosse mio figlio!

Proprio accanto alla mia tana sento un colloquio sussurrato: “Ė qui dove hai visto due nutrie?”

“Sì papà, proprio in questa zona… all'incirca.”

“Eppure anche le tane sono vuote. Sei proprio sicuro che fossero nutrie?”

“Beh, potevano essere dei topi molto grossi, tipo ratti… non sono sicuro.”

“Va bene, allora andiamocene. Secondo me qui non ci sono più nutrie. E, del resto, se ne fosse rimasta qualcuna di piccola, crescendo non potrebbe più nascondersi!”

Sento l’auto ripartire, aspetto ancora un po’, poi esco e vado da Nutty.

Lo trovo in fondo al cunicolo ancora tremante e: “Vieni piccolo, dovremo andarcene da qui. C’è troppa cattiveria in questo posto. Proveremo da un’altra parte. Ora smetti di tremare, ci sono qui io con te,” lo rassicuro con una leccatina sulla testa.

(dal libro La fattoria dei sogni edito in luglio 2015)