UN INCONTRO SPECIALE (storia vera))
- Categoria: Racconti
- Pubblicato: Lunedì, 22 Novembre 2021 00:00
- Scritto da Maria Grazia Sereni
Quanta neve! Mamma ci ha appena insegnato che la neve è buona da bere, ma bisogna stare all’asciutto nella nostra tana, soprattutto di notte perché allora la neve diventa dura e ancora più fredda – dice che si chiama ghiaccio –, e noi dobbiamo stare al caldo, anche perché siamo ancora piccini.
Stamane abbiamo fatto le corse – Igor è molto più veloce di me e vince sempre lui, però io arrivo prima di mia sorella Reiva –, ci siamo rotolati nella neve, mentre mamma ci guardava e ci richiamava quando ci allontanavamo troppo.
È bello avere sempre qualcuno di caldo presso di cui sfamarti – succhiamo ancora il latte da nostra madre – e che sorveglia la nostra sicurezza.
Un altro giorno è trascorso, oggi mi sento in forza: abbiamo mangiato anche un po’ di carne che mamma è riuscita a cacciare. La vita è proprio bella.
Improvvisamente sento un rumore strano e: “Che cos’è mamma? Ho paura è tanto forte questo rumore!”
“Via piccoli, andate nella tana, di corsa, io controllerò la situazione.”
Ma noi siamo curiosi e ci avviciniamo sì alla tana, ma ne restiamo fuori per vedere cosa accade.
Una strana cosa si muove verso di noi, emettendo dei suoni terrificanti e noi corriamo allora a rintanarci e ce ne stiamo tremanti in fondo alla galleria, in attesa che quel rumore cessi.
E, infatti, esso cessa quando sento mamma ruggire inviperita – forse pensava che la cosa rumorosa volesse danneggiarci.
Poi tutto il nostro mondo esplode in mille pezzi: se prima eravamo terrorizzati dal rumore sconosciuto, ora siamo morti di paura da questo nuovo e incredibilmente assordante sibilo ed esplosione e non so più come definirlo.
Ci stringiamo io, Reiva e Igor, tremanti e ammutoliti, anche se sempre molto curiosi di sapere, e soprattutto di vedere, che cosa è successo là fuori.
Dopo un po’, infatti, ci arrischiamo verso l’imboccatura della tana e vediamo: il corpo di nostra madre steso a terra in una pozza di sangue, mentre due esseri mostruosi la stanno scuoiando, anche se lei è ancora viva perché sento un lieve ma disperato ruggito.
“Andatevene,” sussurra nel suo ultimo anelito di vita, “lontano da qui, lontano…”
“Mamma,” piangiamo disperati, “che cosa faremo senza di te che ci proteggevi, ci nutrivi, ci scaldavi. Che ne sarà di noi in questo deserto innevato?”
Ma nostra madre è morta e non può soddisfare le nostre domande.
Poi i due malvagi si avvedono di noi.
“Ci sono anche i figli. Li prendiamo?”
“No, la loro pelle è ancora troppo brutta, non abbiamo richieste di pellicce di tigrotti. Lasciali stare, tanto moriranno di fame per conto loro.”
E se ne vanno trascinando nella neve il manto superbo di nostra madre, mentre a noi non resta che il suo cadavere sanguinolento.
Ci avviciniamo per curiosare, ma l’odore di sangue ha già attirato gli spazzini di cadaveri, così noi ci rifugiamo nella nostra tana.
“Come faremo a nutrirci?” chiede Reiva.
“Non so, non so proprio. Non siamo ancora in grado di cacciare: le prede sono più grosse di noi.
Tu che ne dici Jurij?” mi chiede Igor.
“Non lo so neppure io, però abbiamo da bere la neve e ci terremo caldi stando vicini. Poi accadrà quello che deve accadere.”
Trascorriamo un’intera settimana bevendo neve, mentre le nostre forze stanno pian piano cedendo il posto a un’apatia mortale. A volte non riusciamo neppure a raggiungere la nostra tana e ci accasciamo sfiniti sulla neve.
Stamani è arrivato un altro di quegli esseri mostruosi che hanno ucciso mamma, ma noi non siamo potuti fuggire lontano perché privi di ogni forza e volontà.
Così l’energumeno ci ha presi e infilati in un sacco che tiene sulle spalle. Noi abbiamo avuto solo la forza di emettere un debole miagolio, poi abbiamo lasciato correre. Il calore del suo corpo ci conforta un po’, anche se temiamo che ci scuoi.
Piomba su di noi all’improvviso la sera, immediatamente prima che giungiamo in un luogo strano che pensiamo sia la tana degli esseri mostruosi.
Sono in cinque, ci estraggono dal sacco e ci infilano in bocca delle cose dure da cui esce del latte tiepido che scende come un nettare nei nostri stomaci, riscaldandoci e rifocillandoci.
“Allora,” medita ad alta voce Reiva, “non tutti i mostri sono cattivi!”
“Speriamo che duri. Qui c’è caldo e cibo per noi.”
“Speriamo,” affermo con la speranza che si fa strada nel mio animo.
Dopo qualche giorno veniamo introdotti in una gabbia grande, caricati su una strana cosa, uguale a quella che ci spaventò tanto nel giorno della morte di mamma, e trasferiti in un altro posto simile a questo.
Qui ci sono tanti altri cuccioli di tigre che vengono accuditi e noi comprendiamo, infine, che siamo fortunati, molto fortunati ad aver incontrato un essere mostruoso buono.
(dal libro La fattoria dei sogni edito in luglio 2015)