BILLY, CORRI
- Categoria: Racconti
- Pubblicato: Venerdì, 04 Febbraio 2022 00:00
- Scritto da Maria Grazia Sereni
Corre Billy, lingua fuori e occhi attenti, non vuole perdere di vista l’auto sulla quale il suo amato papy l’ha trasportato fino a pochi minuti prima.
Non riesce a comprendere il motivo di quella sua improvvisa fuga – sembrava che il bipede volesse fargli fare un giretto, e invece era rimontato in macchina in fretta e furia e se ne era andato sgommando.
Il cane, inondato da sensi di colpa, allora si domanda:
- Che cosa avrò fatto per meritarmi questo trattamento?
- Sarà stato quando ho rubato il mezzo panino al piccolo Roby?
- Oppure quando ho rincorso micio Ronnie fino in soffitta?
- Io amo il mio papy e la mia mammy, e pure Roby, anche se spesso mi tira le orecchie. Quindi devo raggiungere l’auto e spiegare ogni cosa ai miei bipedi, ne va della mia vita. Perché, cosa farei senza di loro?
È un mattino stupendo di metà luglio, e il nostro Billy continua a correre, orecchie al vento e ansimare che diventa ogni momento più intenso: il nostro eroe è anziano ormai, e quell’inseguimento lo sta mettendo in crisi. Infatti, tempo qualche minuto e la sua corsa diventa più lenta, fino ad arrestarsi del tutto.
“Ho sete” abbaia, ma intorno non c’è anima viva.
Si accuccia, sguardo perso nella lontananza blu della sua auto che sta evaporando, poi si sdraia sul ciglio della strada, sperando che il suo mondo torni a prenderlo.
Mentre il respiro si normalizza, nella mente prendono a sfilare gli ultimi anni della sua vita, quelli trascorsi nella casa degli umani. Di prima non vuole ricordare nulla: la sua esistenza iniziò tre anni fa, quando il piccolo Roby lo sottrasse al canile per il suo mantello – infatti il bianco e il nero sono i colori della squadra di calcio per cui tifa.
Era giunto nella sua nuova casa, dove viveva già un gatto, Ronnie il Rosso, che non gli aveva fatto una grande accoglienza, anzi gli aveva soffiato che là lui era padrone.
Avrebbe voluto sbranarlo subito, ma si era trattenuto per timore dei due zampe.
Dopo poche settimane lui e Ronnie avevano firmato una tregua, in seguito erano diventati amici e spesso giocavano insieme.
Billy non riesce proprio a comprendere dove ha sbagliato, e i suoi occhi diventano sempre più tristi, anche perché in quella landa desolata non si vede nessuno.
Dopo essersi riposato un poco, riprende il cammino nella direzione in cui è scomparsa l’auto del suo papy.
“Lo ritroverò” si dice e, imbaldanzito da quel proposito, continua a trotterellare calmo.
Quando la sete diviene insopportabile, Billy beve da un fossato, dove si immerge per alleviare il bruciore alle zampe. Quindi esce, si scrolla di dosso l’acqua in eccesso, poi continua il suo peregrinare.
È ormai l’imbrunire.
Stanco, con le zampe doloranti per i molti chilometri percorsi, Billy si siede per riposare un poco.
Non ha mangiato più nulla dal mattino e ora è affamato. Si guarda intorno: campi e campi, nient’altro.
“Dove posso trovare qualcosa da mettere sotto i denti?” si chiede avvilito. “A cacciare non sono mai stato abituato, non posso rivolgermi a nessuno – qui sembra un deserto! – che altra soluzione mi rimane?”
Improvvisamente ricorda che i cani hanno un ottimo fiuto e così, naso a terra, comincia a ispezionare il luogo.
Proprio sul ciglio della strada si imbatte in un riccio steso da un’auto, ma non ha il coraggio di provare a nutrirsene: troppi aculei! Al centro della carreggiata invece riposa un piccione, morto pure quello, che attira il nostro eroe. Sta assaporando quelle carni squisite – molto ben conservate tra l’altro – quando ode il rumore di un’auto in avvicinamento.
Alza la testa il nostro Billy e se ne sta immobile nella speranza che il suo papy sia tornato a prenderlo.
Il guidatore vede in lontananza una massa canina proprio al centro della strada, sterza leggermente per evitarla – la velocità è elevata, e lui non vuole rischiare di sbandare – ma in quell’attimo il cane si muove e l’auto vi cozza contro, lasciando l’animale dolorante a terra.
Naturalmente il guidatore si guarda bene dal fermarsi: ha molta fretta e inoltre è in ritardo.
Billy guaisce, continua a guaire le sue pene fisiche e morali finché, stanco di chiacchiere, si trascina sul bordo della strada. La gamba anteriore destra è fratturata e gli duole molto.
“Che cosa farò in queste condizioni? Anche se potessi camminare, non riuscirei mai a trovare casa mia in breve tempo!”
Trascorre la notte con auto che di tanto in tanto gli transitano accanto, i cui fari però non riescono a illuminare la tragedia che si consuma a pochi passi dall’asfalto.
Ed ecco il mattino.
Billy sta ancora disteso su un fianco perché la zampa rotta – che ora si è anche gonfiata e duole sempre più – gli impedisce di alzarsi.
Un’auto accosta, ne discende uno sconosciuto che si avvicina al cane e gli accarezza titubante la testa. Billy non reagisce se non con uno sguardo supplichevole.
L’uomo torna in macchina da dove estrae una bottiglia di acqua, la avvicina alle labbra del cane che ne trangugia l’intero contenuto.
“Poverino, avrai anche fame” lo commisera il soccorritore.
Nelle sue mani si materializza un panino che Billy divora senza neppure assaporarlo.
“Che cosa devo fare con te? Dove posso portarti? Ed eventualmente come?” si chiede l’umano torcendosi le mani.
Poi ricorda di aver letto da qualche parte che la Polizia Stradale è competente anche per casi del genere. Così compone il numero, e di lì a poco un’auto pattuglia si ferma accanto a lui.
“È suo questo cane?” chiede uno dei poliziotti sceso dalla macchina.
“No, come vi ho già spiegato al telefono, mi stavo recando in ufficio, quando ho visto questo povero cane steso sul ciglio della strada. Mi sono fermato, ho visto che era ferito, gli ho dato da bere e da mangiare. Ora che siete qui voi, posso andare?”
“Un attimo” ingiunge il poliziotto che si avvicina al cane, gli guarda l’interno dell’orecchio e l’interno coscia, quindi, soddisfatto, concede al soccorritore l’autorizzazione, non prima però di aver preso le sue generalità.
Billy è caricato sull’auto della Polizia e trasportato al canile della vicina città, dove gli sono prestate le prime cure.
Il nostro eroe, alla vista del luogo dove l’hanno portato, emette un debole guaito: “Perché ancora qui?”
“Sei fortunato tu” gli risponde un vecchissimo cane, forte della sua esperienza, “sai quanti nostri simili muoiono là fuori? Privi di cure e di cibo? Almeno un 90%. Qui avrai comunque un boccone disponibile e magari anche la possibilità di un’adozione.”
“Ero già stato adottato…”
“E allora? cosa ti è successo?”
“Oh, non lo so! Devo averne combinata una delle mie, perché il mio papy mi ha abbandonato lungo una strada di campagna.”
“Eh” sospira il vecchio cane, “non sempre è colpa nostra se ci abbandonano; a volte sono i bipedi che non meritano la nostra compagnia e allora ci lasciano andare per il mondo perché si vergognano.”
“Ti assicuro che i miei due zampe non avevano nulla di cui vergognarsi, io invece ne combinavo di disastri! Pensa, una volta gli ho distrutto il tappeto del salotto, un’altra ho travolto un tavolino con diversi ninnoli, poi mi sono mangiato un intero arrosto lasciato incustodito in cucina – in quell’occasione, però, mi aveva aiutato anche gatto Ronnie – e tante altre cose del genere che ora non ricordo più. Vedi bene che, se qualcuno è colpevole, quello sono io” termina demoralizzato il nostro eroe.
“Secondo me quelli sono peccati veniali; si sa che un cane in appartamento ogni tanto combina qualche marachella. Ma se i tuoi umani ti amano, di solito urlano un po’ e poi ti perdonano.”
“E allora, secondo te, perché mi hanno abbandonato?”
“Magari è stato per errore. Forse ti volevano portare in pensione da qualche parte – adesso è periodo di ferie, senti anche tu, no, il caldo che fa – e ti hanno lasciato nel posto sbagliato. Oppure loro si sono fermati e tu sei sceso dall’auto di tua spontanea volontà – chissà che sorpresa quando, arrivati a casa, non ti hanno più trovato! O potrebbe essere successo un imprevisto – il tuo papy ha perso la memoria, la tua mammy è stata male e il marito ha dovuto portarla in ospedale – là non ce li vogliono i cani. Insomma potrebbe essere accaduto di tutto, bisognerebbe chiederlo agli umani che cosa gli passa per la mente” sospira il cane anziano.
In canile Billy è tenuto separato dagli altri per una decina di giorni, nell’attesa che la gamba inizi il processo di guarigione, dopodiché viene sistemato in un box con altri tre cani, con i quali spesso litiga per una coccola del volontario o per un boccone prelibato.
E gli umani? Non siete curiosi di sapere qual è la situazione laggiù? Allora seguitemi e andiamo a vedere.
L’uomo – che chiameremo lampo (la minuscola è intenzionale) – tornato a casa dopo l’abbandono di Billy, riferisce alla moglie – che chiameremo maria (sempre intenzionale è la minuscola) – come sono andate le cose. I due cambiano argomento all’ingresso di Roby, il loro ragazzino, che si guarda intorno e chiede: “Dov’è finito Billy? Non lo vedo da nessuna parte.”
“Credo che sia fuggito da casa” propone lampo, “perché è da qualche ora che non lo troviamo più. Abbiamo cercato dappertutto senza successo.”
“Sei andato anche nel parco di fronte?” chiede Roby.
“Sì, tesoro, ci sono andata io mentre papà girava per le strade vicine. Niente da fare. Devi metterti il cuore in pace, perché ho paura che non tornerà più.”
“Impossibile” rabbrividisce Roby, “che motivo aveva per fuggire? Noi gli abbiamo sempre voluto bene. Non avrebbe mai lasciato la sua casa spontaneamente.”
Lampo (è maiuscolo solo perché a inizio riga) e maria si guardano accorati: non sanno cosa rispondere a quel loro ragazzino dal cuore tenero.
“Vado a preparare le valigie” cerca di tergiversare maria.
“Ma come, vuoi partire lo stesso? anche senza Billy? E se lui dovesse tornare a casa e non trovare nessuno?” sbotta il ragazzino.
“Non tornerà!” afferma lampo con l’autorevolezza del maschio saccente.
“Come fai a esserne certo? Io comunque non parto, resto a casa, così se Billy dovesse tornare, troverà me.”
“Non se ne parla proprio” insiste maria, “tu non puoi restare a casa da solo…”
“Basta che chiediamo a nonna Elvira di venire qua con me, e il problema è risolto.”
“Come noi, anche tu hai bisogno di svagarti un po’” lo rabbonisce lampo, “e poi al mare ci sono i tuoi amici dello scorso anno. Ti divertirai, vedrai.”
“Se mi obbligate a partire, lo devo fare, ma non mi divertirei per niente perché penserei in continuazione al mio povero Billy” ansima Roby scoppiando in un pianto dirotto.
“Su, su, non fare così” cerca di intenerirlo maria, “vedrai che al ritorno le cose si sistemeranno.”
“Come?” chiede il ragazzino tra le lacrime.
“Se, nel frattempo, Billy non dovesse essere tornato, potremmo andare al rifugio per prendere un altro cane: ce ne sono talmente tanti in attesa di adozione.”
Roby ci pensa un poco, ma non riesce a togliersi dalla mente gli occhi del suo Billy che implorano amore, amicizia e promettono in cambio una fedeltà assoluta che neppure la morte potrebbe scalfire.
“No, Billy non può essere fuggito da casa, è impossibile. Voi non lo conoscete come lo conosco io” dichiara Roby.
“Allora? che si fa?” chiede lampo a sua moglie.
“Voi partite pure, io resto a casa con nonna Elvira. Lei sarebbe dovuta venire ogni giorno per i pasti di Ronnie, invece potrebbe restare qui con me, così se torna Billy c’è qualcuno in casa.”
Maria (maiuscola solo perché a inizio frase) e suo marito per un attimo sembrano propensi ad accettare la proposta del ragazzino, poi invece il padre, in un rigurgito di amor proprio, insiste: “No, caro, tu vieni in vacanza con noi e non accetto scuse!”
Roby piange disperatamente per il suo cane che, gli pare, si perderà definitivamente davanti a una casa vuota.
“Potreste almeno chiedere a nonna Elvira di venire ad abitare qui intanto che noi siamo via?” si arrende infine il piccolo, “così la casa non sarà abbandonata, e Billy troverebbe qualcuno in caso dovesse tornare. Lo dobbiamo al nostro cane, vi pare?”
“E sia,” acconsente il padre, “basta che finisca qui. Non ne posso più di tutta questa faccenda!”
La famiglia dei due più uno parte e ritorna dalle vacanze senza che nulla sia cambiato.
Roby allora rammenta ai genitori che gli hanno proposto di prendere un altro cane, e lui vorrebbe andare subito al rifugio, prima che inizino le scuole.
“Non se ne parla proprio” si nega maria, “stiamo tanto bene senza cani. E poi l’anno prossimo avremmo lo stesso problema di quest’anno…” si morde la lingua.
“Di che cosa stai parlando, mamma?”
“Niente, niente, caro. Hai finito i compiti delle vacanze?” tergiversa.
“Sì, ma vorrei sapere di che problema stavi parlando prima” insiste il ragazzino.
“Eh, sai, se dovesse fuggire anche questo nuovo cane, poi tu soffriresti, come per Billy…”
Ma le sue parole non suonano convincenti, e il nostro ragazzino comincia a subodorare qualcosa.
“Vuoi vedere” pensa, “che i miei hanno riportato Billy al canile per andare in ferie tranquilli? Ma io domani vado a vedere e, se è così… no, non credo, ma se fosse proprio così, che cosa dovrei fare?”
La notte trascorre tra sudori fisici e mentali perché Roby vuole sapere la verità, anche se ne ha timore.
Il giorno successivo, il ragazzino chiede il permesso ai genitori di recarsi dal suo amico Giuliano. Il permesso gli viene accordato e i due, su richiesta di Roby, si recano al canile.
Durante il percorso, il nostro eroe spiega all’amico la situazione e racconta i suoi dubbi. Giunti alla meta, Roby domanda a un’addetta se hanno trovato un cane con le caratteristiche di Billy.
“Ce ne sono tanti di bianchi e neri! Se volete, ve ne mostro qualcuno” propone la volontaria.
I due ragazzini sfilano davanti a un’infinità di box contenenti cani di ogni tipo e razza, finché giungono davanti a quello dove soggiorna Billy.
Il cane si gira al rumore di passi noti, e Roby si ferma con il cuore in gola.
“Billy!” esclama il ragazzino.
“Bau” gnaula il cane.
Abbracci e baci si sprecano ma, attraverso le sbarre, non è semplice coccolarsi. Quindi Roby chiede alla volontaria se può far uscire il suo cane da lì.
Lei è restia, e il ragazzo allora le racconta che il cane è fuggito e che lui vorrebbe riportarlo a casa.
“Non si può” spiega la volontaria. “primo perché non è stata fatta nessuna denuncia di smarrimento, secondo perché il cane è stato trovato abbandonato e ferito a bordo strada. Con il tatuaggio siamo risaliti al proprietario che è stato denunciato all’autorità competente. Questo è tutto.”
Roby e Giuliano si guardano allibiti.
Nella mente del nostro eroe si snodano varie sequenze di un film demenziale cui lui non vuole riconoscere l’attributo della verità.
“Non è possibile” riflette, “non posso credere che i miei genitori abbiano compiuto un’azione tanto spregevole!”
Dopo qualche attimo di silenzio, Roby chiede di portare a spasso Billy.
“Purtroppo non è possibile: il cane ha una zampa fratturata e deve restare immobile per un paio di settimane ancora. Puoi venirlo a vedere anche tutti i giorni, ma bisogna attendere la guarigione prima di farlo camminare.”
I due ragazzi lasciano il canile seguiti dai guaiti inconsolabili del povero Billy.
Fuori, Roby si consulta con Giuliano: “Che cosa pensi. È meglio che non dica nulla a casa?”
“Non conosco bene i tuoi genitori, ma se hanno deciso di non volere più Billy, allora mi sembra inutile che tu insista. Se invece è stata un’azione impulsiva, gliene puoi tranquillamente parlare. Però fai molta attenzione a quello che dici, per non giocarti la sia pur minima eventualità di riavere il tuo cane.”
Roby è giovane, emotivo e sensibile, tre qualità che formano un miscuglio esplosivo e, al suo rientro, la rabbia del nostro ragazzo esplode: “Chi di voi ha abbandonato il mio Billy? E perché? O eravate d’accordo entrambi?”
“Calmati, tesoro” si stupisce la madre. “Spiegami che cosa è successo.”
“Sono stato al canile con Giuliano, dove ho trovato Billy. Sembra che sia stato raccolto sul ciglio di una strada con una gamba fratturata.”
“Oh, poverino! Probabilmente durante la fuga è stato investito da un’auto, ma ti assicuro, Roby caro, che non siamo stati noi ad abbandonarlo!”
“Ah no? E allora andiamo subito a riprenderlo. Perché voi lo volete ancora il mio Billy, o no?”
“Sei molto agitato oggi. Non usare quel tono con me e, soprattutto, con tuo padre quando tornerà dal lavoro. Per Billy è meglio stare dove si trova ora, credimi.”
“Beh, io non l’ho bevuta la storia della fuga – che se ne sia voluto andare lui – e non sono d’accordo che stia meglio dov’è. L’ho guardato negli occhi, ho udito i suoi lamenti e, ti assicuro, lui sarebbe dispostissimo a tornare a casa, anche se voi due non meritate l’amore di un animale tanto sensibile quanto il mio Billy.”
“Senti, Roby, non ne voglio più parlare. Tu ora sei molto agitato e, in casi come questo, si dicono cose di cui poi ci si pente. Quindi è meglio che rimandiamo la discussione a quando ti sarai calmato.”
“È troppo comodo così! Voi vi liberate del mio cane e poi non ne volete neppure discutere con la scusa che sono arrabbiato. Lo sai che cosa sono arrivato a pensare? Che, se non faccio attenzione, alla prima marachella che combino, abbandonerete anche me” scoppia in lacrime il nostro eroe.
La madre resta immobile, come impietrita, mentre nel suo cervello centinaia di piccole rotelle girano all’impazzata. Che cosa può rispondere al suo ragazzo? Che cosa lo convincerebbe di avere torto?
“Devo parlare con mio marito prima che torni. Bisogna che sia preparato, si tratta di una cosa di estrema importanza…” riflette.
Così esce da casa, attraversa la strada e dal suo cellulare chiama il marito: “Caro, abbiamo un problema!”
L’uomo non sa cosa fare: tornare subito a casa – ma questo sarebbe come ammettere che la questione è importante – oppure lasciar trascorrere le due ore che mancano alla fine della giornata lavorativa. Ovviamente sceglie questa seconda ipotesi.
Arriva tuttavia il momento di affrontare il figlio.
Lampo (maiuscolo solo perché a inizio frase) entra allegramente in casa, saluta tutti e finge di non notare l’aria cupa del figlio né l’agitazione della moglie.
È quest’ultima a proporre: “Tuo figlio ci ha accusati di avere abbandonato Billy. Io gli ho ben spiegato che il cane è fuggito di sua iniziativa, ma Roby non mi crede. Diglielo anche tu per favore.”
“È vero” fa lampo rivolto al figlio. “Lo abbiamo cercato come dei matti prima di partire…”
“Che strano che Billy sia fuggito proprio prima delle vacanze e che comodità anche!” ironizza Roby.
“Senti, carino. Non mi va che tu ti rivolga ai tuoi genitori con quel tono. Chiaro? Devi portarci rispetto!” si inalbera il padre.
“Altrimenti?” non riesce a trattenersi il ragazzino.
Un ceffone è la logica conclusione di quel battibecco.
“Ora vattene subito in camera tua. E stasera salterai la cena” ordina lampo.
Roby se ne va soddisfatto: non sarebbe riuscito a sedersi a tavola con quei due. Nella sua stanza, dopo aver molto riflettuto, scrive una lettera ai genitori.
Mi avete proprio deluso: io mi fidavo di voi e, soprattutto, pensavo che foste affezionati a Billy.
Ho deciso di andarmene da casa, ma prima voglio informarvi che la vostra cattiva azione è stata scoperta: siete stati denunciati e finirete in prigione.
Questo non mi dispiace affatto, l’unico grande dolore è sapere che il mio Billy si trova di nuovo nel canile da dove lo avevamo salvato, ferito nel corpo e nell’anima.
Non potrò mai perdonarvi! Le vostre menzogne mi hanno convinto che è meglio separarci qui. Andrò da nonna Elvira: lei è un’amante degli animali, cosa che denota un animo sensibile, e io proprio di questo ho bisogno per crescere bene.
Piega il foglio in quattro, lo ferma con una graffetta, si veste e attende che tutte le luci di casa siano spente, prima di uscire silenziosamente da casa, lasciando la missiva ben in vista sul tavolino dell’ingresso.
Arriva dalla nonna che sta scoccando la mezzanotte.
La buona signora si spaventa moltissimo al suono del campanello – era a letto da un paio d’ore – e si spaventa ancora di più alla vista di Roby con il volto rigato di lacrime.
“Che cosa è successo?” domanda allarmata.
Il nipote, tra i singhiozzi che non ormai riesce più a trattenere, racconta l’intera storia.
La nonna abbraccia il ragazzo e lo culla tra le braccia.
Quando si è calmato un po’, lo mette a letto, ma non se la sente di telefonare ai genitori a quell’ora tarda.
L’indomani tutti gli attori si riuniscono a casa di nonna Elvira, decisa a risolvere in modo definitivo la questione.
Lampo (maiuscolo solo perché a inizio di frase) e maria hanno letto il biglietto di Roby che ha lievemente appannato le loro certezze, e ora non sanno bene come gestire la situazione. Sono soprattutto preoccupati per la notizia della denuncia e, purtroppo, quella è la prima cosa che vogliono chiarire.
Fatta la domanda sulla querela, un silenzio compatto cala sulla compagnia, silenzio che infine è interrotto da nonna Elvira: “Sapete bene che non amo intromettermi negli affari altrui – non l’ho mai fatto nel vostro caso – però credo, poiché mi siete tutti cari allo stesso modo, di avere il diritto di farvi conoscere la mia opinione.
Nella vita le scelte importanti – quelle che possono modificare un’esistenza, per intenderci – si fanno dopo averle ben ponderate, e per questo occorre avere una certa maturità. Ora, a suo tempo avete deciso di prendere un cane. Avevate, mi pare, un mese o poco meno per scegliere se tenerlo oppure no, e avete optato per il sì. È vero che a volte si può cambiare idea, ma non quando c’è di mezzo un essere al quale si procura dolore e che, per la sua dipendenza dagli umani, non comprende il motivo del cambiamento. Io ti ho educato a rispettare ogni essere vivente, Maria (maiuscolo solo per volere di nonna Elvira), e ti ho cresciuta nella convinzione che tu fossi disponibile a prenderti cura di quelli che ti erano affidati. Avete entrambi, anzi tutti e tre, voluto un cane, sapevate – perché vi avevo avvisati – quanti problemi avrebbe procurato, ma ugualmente vi siete impegnati. Ora non potete rinunciare a lui come a un paio di vecchie ciabatte. Lui non è una cosa! Questa è la mia opinione ma, naturalmente, non siete obbligati a prenderla in considerazione. Fate ciò che ritenete giusto.”
Silenzio di lampo.
Silenzio di maria.
Silenzio di Roby condito con lacrime.
Poi maria avanza verso il figlio, lo avvicina e lo stringe timidamente tra le braccia; lampo fa lo stesso e i tre si trovano abbracciati e con gli occhi lucidi.
“Perdonaci Roby, volevamo fare le vacanze in pace, così ho caricato Billy in auto e l’ho abbandonato su una strada secondaria a una decina di chilometri d casa. Non immaginavo quanto me ne sarei pentito!” farfuglia lampo.
“La colpa è tutta mia” confessa maria, “io ho obbligato tuo padre a commettere quella malvagità: ero stufa dei disastri che il cane combinava e volevo andare in vacanza senza preoccupazioni. Purtroppo però, vederti soffrire, Roby, mi ha rovinato lo stesso le ferie!”
“E adesso? che cosa si fa?” chiede titubante il ragazzino.
Nonna Elvira guarda interrogativamente la figlia e il genero i quali abbassano il capo in segno di resa.
“Adesso” esulta allora l’anziana signora, “andiamo a riprenderci Billy!”
La direttrice del canile, una volta informata sulle intenzioni dei visitatori, si oppone: “Non è possibile per voi riavere il cane perché sotto sequestro. Tra sei - sette mesi ci sarà il processo e allora verrà presa una decisione.”
“Non c’è modo che Billy sia affidato a me?” chiede allora nonna Elvira. “Io non faccio parte della famiglia affidataria, vivo sola e un cane sarebbe un’ottima compagnia per me.”
“Per questo credo non ci siano problemi, mi lasci qualche ora per verificare, poi le dirò. Mi scriva qui il suo numero di telefono. Domani avrà la mia risposta” assicura la direttrice.
Lampo (maiuscolo solo perché a inizio riga) e maria sono sempre più preoccupati per il processo che è stato loro annunciato anche dalla direttrice, d’altra parte si sentono sollevati di non dover più, almeno per qualche mese, ospitare Billy.
Roby, invece, guarda con occhi grati nonna Elvira alla quale chiede in un sussurro: “Posso venire a vivere con te?”
Lei scuote la testa dispiaciuta: “Devi avere il permesso dei tuoi genitori, sei ancora minorenne…”
“Che cosa state tramando voi due?” chiede maria.
“Niente” risponde il ragazzino, “stavo solo chiedendo a nonna se posso andare a vivere con lei e Billy. Sono certo che così saremmo tutti più felici!”
I genitori ammutoliscono per qualche minuto, poi
lampo sbotta: “Tu sei nostro figlio e devi vivere con noi, anche se non ti va. Capisco il tuo risentimento nei nostri confronti, ma i motivi che ci hanno spinto a una decisione del genere erano validi. Poi, si sa, tutti possono sbagliare, però…”
“Non è tanto l’azione in sé” lo interrompe Roby, “che già è di una gravità estrema, ma anche le continue menzogne che mi avete propinato tu e mamma. Io ho bisogno di conoscere la verità, sempre, per aver fiducia in voi. Altrimenti che genitori siete? Che cosa mi insegnate? Malvagità e menzogne?”
Nonna Elvira sorride sotto i baffi che non ha, costatando quanto il figlio sia molto più maturo dei genitori!
Questa storia termina con lampo e maria condannati a una multa di cinquemila euro per evitare la prigione, con Billy affidato a nonna Elvira e con Roby che vive molte più ore con il suo cane che a casa dei genitori.
(dal libro di Maria Grazia Sereni “Azzurre come il mare” pubblicato in ma2013)