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  • Categoria: Racconti
  • Pubblicato: Domenica, 18 Settembre 2022 00:00
  • Scritto da Maria Grazia Sereni

le ecofavole

È notte. Marika non riesce a dormire. A scuola ha ascoltato con interesse l’intervento di un’attivista della LAV, Francesco, che ha spiegato come tutti gli animali abbiano il diritto di vivere la loro vita, senza condizionamenti di alcun genere – perlopiù messi in atto da umani.

Marika, che fin da piccola ha sempre amato molto gli animali, si è sentita subito in sintonia con Francesco e ha raccontato ai genitori la bella esperienza della mattina.

“Amare gli animali ti fa onore, tesoro, però devi renderti anche conto che essi sono inferiori agli esseri umani. Noi abbiamo il diritto di usarli come cibo e come indumenti per difenderci dal freddo.”

“Ma papà, perché non possiamo nutrirci con cibi vegetali? In questo modo si eviterebbe di uccidere tanti animali innocenti, non credi?”

“Le proteine vegetali non sono nobili come quelle animali, lo sanno tutti. Io, per esempio, non potrei mai darti dei fagioli al posto della carne: diventeresti come i giapponesi che sono tutti piccoli di statura e pallidi.”

“Tu sei già adulto, non hai più bisogno di crescere, perché non diventi vegetariano tu allora?”

“Ormai sono abituato a questo tipo di alimentazione! E poi mangio carne solo un paio di volte la settimana.”

“Sì, però gli altri giorni mangi pesce che è pure lui un animale…” insiste la piccola.


“Oh senti, Marika. Ora basta. Non so proprio perché nelle scuole devono venire a mettervi in testa tutte queste idee balzane! In fondo l’uomo ha sempre mangiato carne.”

“No, papà. Il signor Francesco ci ha raccontato che i nostri antenati erano erbivori…”

“Tutte fandonie. Chiedi a tua madre che ha studiato proprio questi argomenti. Diglielo tu, cara, come stanno veramente le cose.”

“Potete dirmi tutto quello che volete, ma io credo a quel signore della LAV. E poi che vuoi che possa dirmi mamma, con tutte le pellicce che tiene nell’armadio!”

Un ceffone della madre interrompe l’amichevole chiacchierata, e ora Marika, nel suo letto di lacrime, non riesce a prendere sonno.

Immagina la pelliccia di volpe rossa nell’armadio di sua madre che le racconta: “Mi hanno spogliata del mio mantello e me ne devo andare in giro tutta nuda, tremando dal freddo, senza poter scaldare i miei piccoli che presto moriranno per la mancanza di calore.”

“Domani andrò in biblioteca a fare una ricerca sulle volpi, sui visoni e sui leopardi. Così, quando discuterò con mamma delle sue pellicce, non sarò impreparata.”

I visoni Marika non li conosce, ma le hanno raccontato che sono topolini un po’ più grandi di quelli comuni, che vengono allevati per fornire le pellicce alle signore. Essi non conoscono neppure la gioia di una vita libera, né diventano grandi abbastanza per trasmettere le loro esperienze a figli e nipoti.

“Quanto dolore nell’armadio di mia madre!” pensa la poverina girando e rigirando il capo sul cuscino.

E che dire di quella magnifica pelliccia di leopardo che lei ha sempre accarezzato estasiata.

Chissà quanti animali hanno contribuito con il loro dolore e che avrebbero di gran lunga preferito correre liberi nelle savane o nelle foreste.

“Che cosa posso fare io? Sono una bambina e, se solo mi permetto di dissentire dai miei genitori, ogni discussione termina come quella di stasera!” ragiona Marika.

Qualche giorno prima, parlando con i suoi compagni di scuola ha scoperto che un paio hanno genitori vegetariani e, come primo passo, domattina farà amicizia con quei fortunati. Poi si farà invitare a casa loro e… da cosa nasce cosa!

Così consolata, finalmente la nostra amica sprofonda nel sonno dei giusti.

Il giorno successivo, a scuola, la nostra eroina avvicina un ragazzino.

“Ciao, Amal, come va?”                                                        

“Ciao, hai bisogno di qualcosa?” le chiede sorpreso il suo compagno.

“No, no, volevo solo sapere se è vero che i tuoi genitori sono vegetariani.”

“Sì, certo.”

“Li hai convinti tu?”

“No, sono stati loro a convincere me,” ride il ragazzino divertito.

“Ma come, anche tu sei vegetariano?”

“Eh sì.”

“Allora perché sei più alto di me e non sei pallido?”

“Che cosa vuoi dire? Non capisco.”

Allora Marika racconta quello che le ha detto suo padre la sera prima.

“È un bel tipo tuo padre. Forse voleva solo scherzare.”

“Mi potresti invitare a casa tua, Amal? Mi piacerebbe conoscere la tua famiglia.”

“Io non ho problemi. Prima però devi chiedere il permesso ai tuoi…”

“Va bene,” conclude la nostra Marika eccitata dall’idea di una nuova esperienza.

Ma, quando pone la domanda a suo padre, la risposta suona semplicemente: “Non sono d’accordo che tu frequenti “certa” gente.”

“Che vuoi dire, papà?” chiede Marika stupita.

“Voglio dire che sono persone diverse da noi. Intanto non sono cattolici e poi… non so neppure che mestiere faccia il padre. Insomma, non si possono frequentare così alla leggera degli sconosciuti! E poi, mi spieghi perché vuoi andare a fare i compiti proprio da Amal?”

Marika è sulla difensiva: “Non scoprirò le mie carte stavolta,” pensa e risponde: “Perché è un ragazzo simpatico e uno dei migliori della classe. Però se voi non mi accordate il permesso, non vuole che io vada a casa sua.”

“Ha molto più buon senso lui di te. Ne discuterò con tua madre e poi ti dirò,” conclude il padre più ammorbidito.

Il mattino successivo il permesso è negato.

A Marika, che vuole saperne il motivo, viene semplicemente spiegato che è meglio per lei frequentare compagni italiani che condividono i loro stessi usi e costumi e la medesima religione.

La prima ora di lezione vede la nostra ragazzina distratta. I suoi pensieri vagano in cerca di soluzioni:

  1. come diventare vegetariani e convincere i genitori a fare altrettanto;
  2. che strategia utilizzare per persuadere la madre a sbarazzarsi delle pellicce-cadavere;
  3. quale comportamento tenere nei confronti dei genitori per evitare di irritarli;
  4. come convincere i suoi ad accettare che lei frequenti Amal.

“La numero tre è la più semplice,” pensa la ragazzina.

“Devo però imparare dagli adulti a mentire, a essere sempre d’accordo con loro anche quando dissento, a non dire mai del tutto quello che penso se può essere in contrasto con l’opinione altrui. No, non è vero che è la strategia più semplice, e non me la sento proprio di scendere tanto in basso, ma cercherò di metterci tutto l’impegno: il fine è troppo importante!”

Così Marika diventa una figlia modello tra lo stupore – e la soddisfazione – dei suoi genitori. Qualche errore la ragazzina lo compie ancora, errore dovuto essenzialmente al suo carattere impulsivo – o per meglio dire appassionato.

Ormai i suoi hanno sviluppato una certa fiducia nei confronti della loro figliola e lei ne approfitta per cercare di mangiare sempre meno carne – il giorno del formaggio e quello delle uova sono per la nostra eroina una conquista. Ora deve aggiungere il giorno delle lenticchie o dei fagioli o di qualche altra proteina vegetale. Per approfondire l’argomento, Marika si reca nella sezione LAV della sua città, dove è ricevuta da una simpatica signora di nome Maria. Quest’ultima, dopo aver ascoltato gli argomenti della ragazzina, le fornisce diversi opuscoli che spiegano qual è l’alimentazione corretta per un vegetariano. È inutile dire che Marika divora in un solo giorno tutte le nozioni, ma il problema che le si presenta è quello di convincere i propri genitori.

“Mamma, papà, vorrei chiedervi una cosa.”

“Di’ pure cara.”

“Posso assumere proteine vegetali per un giorno la settimana?”

“Ti ho già spiegato…” sbotta il padre.

“Aspetta, caro. Ci penso io. Va bene, tesoro. Un giorno solo non può arrecarti danno.”

“Grazie mamma,” sorride la ragazzina.

Il suo problema è quasi risolto: in casa sua, infatti, la cucina è affidata a una signora che se ne occupa da vent’anni, e Marika è certa che potrà corromperla in qualche modo, almeno quando i genitori sono assenti.

La settimana della nostra amica diventa così composta: due giorni di carne o pesce, un giorno di uova, un giorno di formaggio e tre giorni di proteine vegetali. O perlomeno questa è la norma. Ci sono giorni, infatti, in cui purtroppo il controllo è troppo stretto perché lei possa sottrarvisi.

Trascorre così qualche mese in cui Marika riesce a organizzare la sua vita in maniera quasi del tutto soddisfacente. Ma il punto numero uno del programma prevede anche un’azione di convincimento nei confronti dei suoi genitori. E questo è sicuramente l’ostacolo più difficile da superare.

La nostra amica, dopo molte riflessioni, giunge a una conclusione: leggerà diversi libri per adulti con un contenuto velatamente vegetariano e, quando riterrà che potrebbero far breccia nella sensibilità dei suoi genitori, glieli regalerà in occasione delle varie ricorrenze.

Il punto numero due è il più ostico, e Marika lo rimanda a strategia ultimata.

Per ora si dedicherà al problema Amal.

Parlando con il suo compagno, la nostra eroina si fa raccontare delle attività paterne e materne, in modo da essere preparata in caso di bisogno.

Un giorno Bill, il cane di Marika, per la prima volta nella sua breve vita – ventiquattro mesi – è stranamente calmo, e i genitori decidono di farlo vedere da un veterinario.

“Io ne conosco uno molto bravo,” si propone la nostra amica. “È il padre di un mio compagno di scuola. Sembra che sia molto quotato in città.”

“Bene,” decide la madre, “vuoi cortesemente prendere ap- puntamento per domani pomeriggio?”

“Volentieri mamma. Posso venire anch’io? Sono molto in pena per Bill.”

“Non c’è problema, tesoro.”

L’indomani mamma, figlia e Bill si presentano dal veterinario che visita accuratamente il cane e diagnostica una indisposizione da lieve retroversione dello stomaco.

“Di norma in questi casi si interviene chirurgicamente, ma, se voi mi date l’autorizzazione, posso provare con una manovra manuale,” propone il dottore.

Ovviamente il benestare è concesso e la manovra ottiene subito l’effetto desiderato. Il cane sembra rinascere e la sua vitalità esplode all’improvviso, quasi Bill volesse ricuperare i giorni trascorsi nella passività più assoluta.

“Quanto le devo, dottore?”

“Nulla, signora. So che Amal è amico di Marika e mi ha raccomandato di trattarla bene.”

“Ma… ma… io vorrei pagare. Non è giusto. L’amicizia tra i nostri ragazzi è un conto, però questo è il suo lavoro ed è giusto che le sia retribuito…”

“Mi dispiace, signora. Non posso fare altrimenti: l’ho promesso ad Amal.”

Mamma, figlia e cane si accomiatano dal veterinario con mille ringraziamenti e se ne tornano a casa.

“Che cosa hai detto che fa la mamma di questo tuo amico, come si chiama? Amal?”

“È biologa e lavora in un istituto di ricerche – non mi ricordo il nome – con altri sette scienziati di cui è il capo.”

“Bene! Sembra che si tratti di una famiglia per bene. Quindi, se vuoi frequentare questo tuo amichetto, hai il permesso. Ne parlerò io con il babbo.”

Marika è al settimo cielo.

Il quarto punto del suo programma può essere definitivamente cancellato, ma andrà sostituito con un altro:

- i miei genitori devono frequentare quelli di Amal che potrebbero avere un’influenza positiva sulla scelta di cambiare dieta – eliminando la maggior parte della carne e del pesce – e per la mamma sulla decisione di rinunciare alle pellicce.

Qualche tempo dopo la famiglia di Marika riceve per posta un invito formale a una cena dai genitori di Amal.

Naturalmente, la nostra amica non è per nulla stupita, quando i genitori la informano.

Il pranzo è vegetariano, anzi vegano, tuttavia il gusto e la raffinatezza del menù conquistano tutti.

Da quel giorno gli inviti si incrociano, tanto che le due famiglie stringono un’amicizia importante.

La mamma di Marika, quando si reca in visita dalla sua amica, non indossa mai una pelliccia, con grande soddisfazione della nostra eroina che spera ardentemente di raggiungere al più presto il suo scopo.

I pasti carnivori sono diventati ora molto rari – una o due volte la settimana – e Marika gusta con molto piacere i nuovi manicaretti vegani tratti da un libro di ricette che lei ha regalato alla cuoca.

Tutto va per il meglio alla nostra amica che, giovane e inesperta qual è, decide che è giunto il momento di affondare il colpo.

Durante un pranzo con i suoi genitori, la nostra eroina riflette ad alta voce: “Quanti animali hanno avuto salva la vita grazie a noi, non siete d’accordo?”

“Sì, certo cara,” sorride benevola la madre.

“Perché non cerchi di fare qualcosa di più, mamma?”

“Sarebbe a dire?”

“Potresti vendere le tue pellicce per esempio…”

“Sei matta? E se dovessi andare a una cerimonia o con le mie amiche, che cosa dovrei indossare secondo te?”

“Un cappotto, come la maggior parte della gente. Mamma, immagina una volpe che corre libera nel suo habitat naturale, che caccia per fornire il cibo ai suoi piccolini, che scava una tana per tenerli al caldo. Con che cuore tu la fai spellare – e quindi morire – per indossare la sua pelliccia? Immagina i visoni, chiusi in gabbie dalla nascita alla morte – una morte provocata da scosse elettriche per non rovinare il pelo – che non conosceranno mai neppure il pro-fumo dell’erba. E i leopardi? Immagina quei meravigliosi enormi felini che si arrampicano sugli alberi, che nuotano e cacciano liberi, con il vento sul muso, e che ora sono finiti a pendere da una gruccia nel tuo armadio!

Immagina, mamma, quanta sofferenza non solo per gli animali sacrificati ma anche per le loro famiglie.”

“Immagina… immagina. Che cosa vuol dire. Ormai quegli animali sono morti, e non avrebbe alcun senso disfarsi delle pellicce.”

“Mamma, che sensazione provi quando le indossi? Non avverti quanti cadaveri ne reclamano la proprietà?”

“Oh senti un po’, signorina. Non parlare in questo modo a tua madre! So io quello che devo fare. Tu sei ancora una ragazzina con tanti grilli per la testa. Ora basta, capito?”

Marika china il capo delusa: aveva sperato che il momento fosse giunto, ma si è sbagliata, e forse ha commesso un errore che le sarà difficile correggere.

Ma la nostra eroina è una persona caparbia, così convince Amal – che naturalmente sta dalla sua parte – a mettere in atto un piano, anche se forse un po’ crudele.

In un primo momento, il veterinario si rifiuta di collaborare, perché gli pare una cosa un po’ eccessiva, ma, dietro le reiterate insistenze dei due ragazzi, alla fine cede.

Un pomeriggio la nostra eroina esce per la solita passeggiata con Bill – passeggiata che normalmente dura una mezzora –, ma dopo un’ora non c’è traccia dei due.

Al rientro dal lavoro – quindi quasi due ore dopo – i genitori sono informati della scomparsa di Marika e del cane.

Telefonate ad amici, agli ospedali, alla polizia, non sortiscono effetto alcuno.

Infine viene preso contatto con il padre di Amal che, in qualità di veterinario, potrebbe essere informato del ritrovamento del cane.

“Purtroppo non ho avuto notizie di animali smarriti. Però… ti devo informare che in questi ultimi giorni sono avvenute diverse scomparse di cani a pelo lungo come il tuo. Sembra ci sia un’incetta di terranova le cui pellicce sono utilizzate per confezionare ornamenti a giacche, giacconi e cappotti. Spero non sia il vostro caso, tanto più che Marika era con il cane…”

Alla madre tremano le mani, le labbra e le ginocchia, mentre un pallore giallognolo si diffonde sul suo volto.

“Grazie,” borbotta a bassa voce, “se dovessi avere notizie, ti prego di avvisarci.”

La povera donna non riesce a togliersi dalla mente la figura del suo Bill cui viene strappata la pelliccia per ornare capi di abbigliamento. Immagina anche la sua bambina – cuore grande e generoso – combattere contro una banda di malviventi che vogliono sottrarle il cane.

E le lacrime scorrono sul suo viso e una nuova consapevolezza le invade il cuore e il cervello elabora le informazioni e la decisione è infine presa: nel suo armadio mai più pellicce.

“Basta che Marika torni sana e salva con Bill!”

I minuti sono eterni, le ore infinitamente lunghe senza notizie dei suoi cari. Il marito non le è di aiuto perché ancora più spaventato di lei.

Poi, verso le dieci di sera, il telefono squilla.

“Pronto, mamma. Sono io.”

“Marika,” urla la poveretta. “Dove sei? Stai bene? E Bill?”

“Tutto a posto, mamma. Tra poco sarò a casa.”

Qualche tempo dopo, nel salotto di Marika sono riunite, oltre alla sua famiglia, anche quella di Amal. E la nostra eroina racconta.

“Stavo passeggiando nel parco di fronte a casa, quando fui avvicinata da un signore che fece tanti complimenti a Bill, chiedendomi se poteva accarezzarlo. Io risposi di sì perché il cane era di indole buona. Quello allungò una mano, ma Bill iniziò a ringhiargli contro. Io non riuscivo a capire il motivo di quel comportamento e rimproveravo il cane per la sua rabbia. A un dato momento quel signore mise una corda intorno al collo di Bill e tentò di trascinarlo via con sé. Io iniziai a urlare di lasciare il cane. Alle mie

grida risposero un paio di persone che tuttavia furono obbligate ad allontanarsi quando videro comparire un coltello nelle mani di quel tipo. Fu Bill a prendere l’iniziativa. Diede uno strattone alla corda che gli stringeva il collo, facendo cadere il delinquente. Io allora cercai di liberarlo, ma nel frattempo il tipaccio aveva ripreso la stazione eretta e ci minacciava. Bill allora si lanciò verso di lui e gli morse la mano armata, facendogli cadere il coltello. Io fui lesta a impossessarmene e a recidere la corda. Fuggimmo io e il cane, ma quel malandrino, che nel frattempo aveva chiamato rinforzi, ci inseguiva. Fummo infine raggiunti, anzi io fui raggiunta, mi legarono le mani e mi trascinarono verso un capannone, dove mi rinchiusero. Sentivo distintamente l’ansimare di Bill che tentò in tutti i modi di liberarmi. Allora lo pregai di andare a chiamare Amal perché sapevo che voi non eravate ancora a casa. Attesi a lungo, si fece buio e io mi trattenevo dall’urlare per timore che i miei aguzzini potessero farmi del male. Fu solo molto tempo dopo che udii di nuovo l’ansimare di Bill e qualcuno che cercava di aprire la porta. Quando ci riuscì, mi gettai tra le braccia di Amal: era lui il mio salvatore. Mi portò a casa sua, dove i genitori mi prepararono qualcosa da mangiare e dove cercai di rassettarmi un po’, non prima però di avervi avvisati che ero sana e salva. Mi ha raccontato il papà di Amal che si sono verificati parecchi casi di sparizioni di cani e gatti. Sembra che la loro pelliccia sia utilizzata nell’industria dell’abbigliamento…”

“Lo so, tesoro. È stata una fortuna che Bill sia scampato a una brutta fine. Io…” ma la donna non riesce a esprimere quello che sente né, tantomeno, la decisione che ha già preso riguardo alle sue pellicce. Ora che tutto è ritornato a posto, le sue convinzioni traballano: in fondo nessuno è ancora stato informato delle sue intenzioni.

Poi, improvvisamente, le tornano in mente le descrizioni della cattura di leopardi e volpi e dell’allevamento di visoni fattele qualche tempo prima dalla figlia, e lei immagina i loro occhi supplicanti dietro cui Bill scodinzola a più non posso la sua solidarietà.

“È vero che nessuno sa, ma l’impegno l’ho preso con me stessa, e io non voglio certo avere rimorsi di coscienza!”

Senza informare nessuno, prende dall’armadio le pellicce, le porta dal suo pellicciaio al quale chiede di vendergliele. “A qualsiasi prezzo!” mormora con gli occhi umidi.

Trascorre una settimana prima che Marika apra l’armadio di sua madre per controllarne il contenuto.

Alla vista del vuoto, la nostra amica improvvisa una danza di ringraziamento poi corre dalla madre, la abbraccia e la bacia con passione.

“Che cosa c’è tesoro? è successo qualcosa che non so?”

“Grazie, mamma. Ti adoro.”

Sorride la buona signora e ricambia l’abbraccio di quella figlia dalla quale ha tratto tanti insegnamenti.

(dal libro “Le Ecofavole” di Maria Grazia Sereni edito in luglio 2011)