FERRO
- Categoria: Veganesimo
- Pubblicato: Sabato, 28 Settembre 2019 00:00
- Scritto da Maria Grazia Sereni
I vegetariani assumono in genere con la dieta le stesse quantità di ferro degli onnivori, o addirittura quantità leggermente maggiori. Pur avendo quindi assunzioni di ferro simili, le riserve di ferro dei vegetariani sono in genere ridotte rispetto a quelle dei non-vegetariani. Bassi livelli di ferritina sierica possono rappresentare un vantaggio, poiché livelli elevati di ferritina sierica sono fattori di rischio indipendenti per lo sviluppo di sindrome metabolica.
La preoccupazione riguardo lo stato del ferro dei vegetariani è generata dalla diversa biodisponibilità del ferro non-eme a partire dagli alimenti vegetali. L'assorbimento del ferro non-eme dipende dalle richieste di ferro dell'organismo, ed è regolato in parte dallo stato delle riserve di ferro. L'assorbimento del ferro può variare notevolmente, a seconda della composizione del pasto e dello stato del ferro dell'individuo. La biodisponibilità del ferro non-eme è influenzata dal rapporto con gli inibitori dell'assorbimento, quali fitati e polifenoli, ed esaltatori, come vitamina C, acido citrico e altri acidi organici.
In una recente rassegna della letteratura si è visto che l'assorbimento del ferro non-eme può variare dall'1% al 23%, a seconda dello stato del ferro e della presenza all'interno del pasto di esaltatori o inibitori dell'assorbimento. Un'equazione di recente sviluppo permette di prevedere la frazione di assorbimento del ferro a partire dai livelli di ferritina sierica e dai fattori dietetici che influenzano l'assorbimento del ferro. Quando i livelli di ferritina sono bassi, la composizione della dieta influenza grandemente l'assorbimento del ferro. L'assorbimento del ferro non-eme può raggiungere valori fino a 10 volte maggiori nei soggetti con deficit di ferro, rispetto agli individui non carenti.
L'assunzione di ferro raccomandata per i vegetariani nel 2001 è maggiorata dell'80% rispetto a quella per i non-vegetariani. Questa raccomandazione deriva dal presupposto che la biodisponibilità del ferro derivante da una dieta vegetariana è del 10%, mentre la biodisponibilità del ferro derivante da una dieta non-vegetariana è del 18%. Queste ipotesi sono state formulate sulla base di una quantità di dati molto limitata, a partire da studi sull'assorbimento del ferro nel singolo pasto, strutturato però in modo molto diverso rispetto a ciò che la maggior parte dei vegetariani dei Paesi occidentali consuma.
Ora sappiamo che gli individui possono adattarsi e assorbire il ferro non-eme in maniera più efficiente. L'entità dell'effetto degli esaltatori e degli inibitori dell'assorbimento del ferro può diminuire con il tempo. I soggetti sono in grado di adattarsi a un basso apporto di ferro con la dieta nel corso del tempo, riducendo le perdite di questo minerale. In uno studio, l'assorbimento totale del ferro era aumentato in modo significativo di quasi il 40% dopo 10 settimane di consumo di una dieta a bassa biodisponibilità.
Gli individui con ridotte scorte di ferro possono aumentare notevolmente l'assorbimento di questo minerale a partire da diete a moderata o elevata biodisponibilità di ferro. Il processo di assorbimento sembra in grado di adattarsi efficacemente nel caso dei vegetariani occidentali, dal momento che i loro valori di emoglobina e la maggior parte degli altri marcatori dello stato del ferro sono simili ai valori osservati nei soggetti non vegetariani.
Fonte: Position of the Academy of Nutrition and Dietetics: Vegetarian Diets. J Acad Nutr Diet. 2016 Dec;116(12):1970-1980