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LA MAXIBUCA

  • Categoria: Racconti
  • Pubblicato: Mercoledì, 10 Aprile 2024 00:00
  • Scritto da Maria Grazia Sereni

Con tutta la sua buona volontà Giovanna non riusciva a capire.

"Quando sarà successo?" pensava, "deve trattarsi di un animale enorme se è riuscito a scavare una buca tanto grande in così poco tempo."

La tentazione di calarsi in quell'enorme bocca nera per esplorarne il fondo la faceva fremere. E se poi ci fossero stati dei pericoli? Meglio di no. Ma la curiosità le impediva di muoversi. Il sole era ormai alto nel cielo di un blu terso, e Giovanna sapeva che era ora di tornare a casa per il pranzo.

Dovette far forza sulle gambe per riuscire ad allontanarsi.

A tavola Giovanna era assorta nei suoi pensieri e la madre dovette ripeterle un paio di volte le domande per avere delle risposte. Quando il pranzo terminò e Giovanna stava per preparare il caffè, arrivò il suo amico Alessandro.

La ragazza lasciò il caffè alle cure della madre, prese per un braccio il ragazzo e, senza profferire parola, lo trascinò in garage.

“Ma… ma che cosa fai? Sei impazzita? Che c’è?” si ribellò lui.

"Ho scoperto una buca enorme che ieri non c'era. Vorrei andare a esplorarla, ci stai?"

"Dov'è questa buca?" sorrise Alessandro.

"Hai presente la grotta di Lisandro? Sulla sinistra c'era quel prato pianeggiante sul fianco della montagna. Praticamente il prato non c'è più, al suo posto ...

"Non vorrai dire che la buca che hai scoperto è grande come il prato!"

"Sì"

"Ma per favore! E tutto sarebbe successo stanotte? Se avessero fatto dei lavori con delle ruspe, si sarebbero sentiti i rumori. Invece io non ho sentito proprio niente."

“È per questo che ho pensato a un animale ..."

"Un animale? Forse diversi animali. Hai visto se intorno alla buca ci sono delle impronte?"

"No, non vi ho fatto caso ..."

"Vieni, andiamo a vedere" propose allora Alessandro.

Che, davanti alla buca restò senza fiato. Aveva immaginato dalle parole di Giovanna che fosse grande, ma non così.

Dopo essersi ripreso, il ragazzo esclamò: “Sono disponibile a fare un sopralluogo, ma dobbiamo attrezzarci con corde, torce elettriche, picconi e quant’altro. Non ci si può calare in una maxibuca come questa senza gli strumenti che potrebbero servirci. Ma tu? Te la senti di venire o preferisci che vada solo?”

“Scusa eh Ale, la scoperta è stata mia e tu vuoi che io resti qui mentre tu vai incontro a chissà quali pericoli?” si ribellò Giovanna.

Alessandro scosse la testa in un cenno di assenso.

Qualche ora dopo, i due ragazzi, provvisti di tutto ciò che ritenevano necessario, cominciarono a calarsi nella buca, prima Alessandro e poi Giovanna.

A mano a mano che scendevano, la luce diventava sempre più fioca, provocando una strana eccitazione nei ragazzi.

“Chissà che cosa troveremo nel fondo della buca?” si chiedeva ad alta voce Alessandro.

“Magari un topo enorme acquattato nell'ombra pronto a divorarci. Saremmo senz’altro delle prede succose, non ti pare?” sussurrò Giovanna cui un brivido corse lungo la schiena.

Nessuna reazione da parte dell’amico. Allora: “Alessandro?" chiamò sottovoce.

"Ssst, non far rumore, se qualcuno vive sul fondo di questa buca, ci potrebbe sentire, dobbiamo coglierlo o coglierli di sorpresa. Ho portato la macchina fotografica."

Giovanna si sentì rincuorata dalla voce di Alessandro e continuò con nuova foga a seguirlo.

Ormai era buio pesto e il ragazzo di tanto in tanto accendeva la torcia elettrica, per controllare che davanti a sé non ci fossero ostacoli. Pur scendendo da diverso tempo, non riuscivano ancora a intravedere il fondo della buca.

I due amici a quel punto cominciarono ad agitarsi: che si fossero messi in un'avventura più grande di loro?

Quasi a un segnale convenuto, sotto di loro si cominciò a vedere una luce dapprima debole, poi sempre più vivida. Non pareva una luce elettrica, piuttosto la luce del sole. Anche la temperatura si stava alzando, tanto che i due ragazzi si dovettero togliere le maglie che avevano indossato per scendere.

"Che cosa ne pensi?" chiese Giovanna.

"Non so, sembra che qui sotto ci sia un sole. Credo che sarà difficile avvicinarci di più. Il calore sta diventando insopportabile."

È solo una forma di condizionamento mentale" sillabò una voce metallica che fece trasalire i ragazzi.

"Chi… chi ha parlato?" chiese timidamente Alessandro.

"Chi ha parlato?" ripeté dopo qualche secondo l'eco.

"Andiamocene, Alessandro, ho paura..." fece Giovanna e già qualche lacrima cominciava a bagnarle le guance.

"Non piangere Giovanna, ora saprai chi siamo."

Giovanna trasalì sentendo il suo nome pronunciato da quella strana voce, ma proprio in quel momento svenne. Alessandro cercò di raggiungerla per evitare che cadesse nel vuoto, ma con sua enorme sorpresa, il corpo di Giovanna prese a galleggiare come sostenuto da una superficie liquida.

Il ragazzo, dopo qualche attimo di sconcerto, le si avvicinò per sostenerla, ma non gli fu possibile toccarla, il suo corpo sembrava formato da vapori, e la mano del ragazzo vi affondava senza riuscire a fare presa.

Alessandro era un ragazzo coraggioso, non si era mai fermato davanti agli ostacoli che di volta in volta gli si erano presentati, ma a quel punto non riuscì a trattenere le lacrime: credeva che Giovanna fosse morta. Anche lui svenne e il suo corpo cominciò a galleggiare accanto a quello di Giovanna.

Uno spettatore estraneo, che avesse visto quella scena, sarebbe rimasto sorpreso e avrebbe pensato a un trucco di qualche prestigiatore burlone.

Una fonte di luce molto intensa e calda illuminava due corpi evanescenti di ragazzi, che galleggiavano nel vuoto, mentre un silenzio ovattato incorniciava la scena.

Non passò molto tempo prima che i ragazzi si svegliassero.

Si sentivano storditi ma tranquilli. Si presero per mano (stavolta i loro corpi erano tornati solidi) e si accorsero che stavano camminando nel vuoto. Con tutta naturalezza si guardarono intorno, ora riuscivano a fissare la fonte dei raggi: erano due enormi occhi gialli che emettevano sia il calore sia la luce. I contorni non erano ben definiti ma sfumati, come se fossero continuamente mossi dal vento.

Giovanna si avviò verso quelle fonti di luce e calore, e Alessandro la seguì sorridendo.

Giunti a pochi passi i ragazzi sedettero.

Ora sentirete la nostra storia, sempre che siate interessati ad ascoltarla!” dichiarò la solita voce metallica.

“Sì, per favore, siamo molto curiosi” affermò Giovanna che, insieme a Giovanni si apprestò ad ascoltare il racconto.

"Qualche milione di anni fa il vostro Sole aveva due fratelli, Sofù e Sofì. Insieme scorrazzavano per il cielo e combinavano diverse marachelle. Quando furono cresciuti, ognuno di loro si accasò diventando il fulcro di un sistema planetario. Passarono i secoli e un giorno Sofù e Sofì decisero di andare a trovare il loro fratello Sole. Per fare questo dovevano però lasciare il loro posto al centro dei sistemi e questo non era permesso. Infatti la vita sui pianeti, che ruotavano intorno al proprio sole e che dipendevano da lui per luce e calore, si sarebbe estinta. Ma Sofù e Sofì erano stati ormai presi da quell'intenso desiderio e, nonostante gli avvertimenti del padre, Knot, un giorno si allontanarono dai loro sistemi, andarono dal Sole e si fecero ospitare nella sua casa. Tutti insieme erano felici, ma la felicità durò poco perché all’improvviso i due fratelli sentirono una gran nostalgia dei loro mondi e una forte preoccupazione per le conseguenze del loro atto sconsiderato.

Decisero allora di ritornare, ma non ne furono in grado: una potente forza di attrazione li sospingeva lontano dal Sole e, soprattutto, dai sistemi planetari che rappresentavano la loro collocazione naturale.

Per centinaia di secoli andarono alla deriva, persi nello spazio infinito. Piansero tutte le loro lacrime e si pentirono amaramente di non aver seguito i consigli del padre.

Dopo tante pene, un giorno si trovarono per caso al cospetto di Knot che, avendo giudicato il loro pentimento sincero, gli concesse di viaggiare per lo spazio in cerca di lacrime che lavassero i loro peccati.

I nostri nomi sono Sofù e Sofì, siamo stati su diversi pianeti, abbiamo conosciuto esseri viventi di tutti i tipi, ma non abbiamo trovato lacrime.”

Un giorno nostro fratello Sole ci inviò un messaggero con il suggerimento di venire sulla Terra, dove alcuni uomini spesso piangono lacrime sincere. Ora in voi abbiamo finalmente trovato quello che cercavamo, perciò speriamo di poter riavere il nostro posto nell’Universo."

I due ragazzi, commossi, iniziarono a piangere per le sventure di quei due soli.

“Possiamo fare qualcosa per voi, per aiutarvi a raggiungere i vostri mondi?” chiese Alessandro.

Grazie, grazie di cuore” dichiararono in coro i due fratelli. “Avete già fatto molto per noi. Non vi dimenticheremo.”

I due amici, asciugate le lacrime, guardarono i soli con l’intenzione di chiedere come potevano far ritorno a casa, quando vi si ritrovarono improvvisamente.

Il ricordo dei due soli era vivido nella loro mente ed essi si sedettero sul dondolo davanti a casa per scambiarsi opinioni sull’avventura appena vissuta. Si sentivano leggeri e felici.

“Domani chissà che cosa diranno i nostri compagni di scuola quando racconteremo loro quello che ci è accaduto” dichiarò Giovanna.

“Penso che non crederanno una parola! E del resto anch’io, se qualcuno mi avesse raccontato una cosa del genere, avrei fatto molta fatica a credergli!” esclamò Alessandro.

Il giorno successivo, tuttavia, i due ragazzi si trovarono davanti a casa di Alessandro per andare insieme a scuola. Non una parola uscì dalle loro bocche sull’avventura vissuta che aveva lasciato solo qualche bagliore di ricordo. Che naturalmente non valse la pena di diffondere.

E piano piano il ricordo svanì per sempre dalle loro menti, anche se la soddisfazione di qualche (ma chissà quale) buona azione li riempiva di orgoglio.