IL RITORNO
- Categoria: Racconti
- Pubblicato: Martedì, 26 Novembre 2013 00:00
- Scritto da Maria Grazia Sereni
Nell'ultimo anno di lontananza, Ricky aveva pensato spesso alla sua Mary, ma il lavoro prima e una certa qual pigrizia poi gli avevano impedito di andare da lei. Da qualche tempo però la nostalgia della sua micia si era fatta pungente: mangiava poco, dormiva ancora meno, era sempre agitato e nello stesso tempo pensieroso.
"Torna a casa", gli ripeteva in continuazione il suo amico Gregorio, "prima di perdere la tua ragazza."
Ma Ricky era combattuto tra il desiderio di ritornare e il timore dei mutamenti che avrebbe potuto trovare laggiù.
"Se fossi sicuro che Mary non è cambiata, partirei domani stesso", confidò un giorno a Gregorio.
"Non crearti problemi di questo genere", lo consigliò il suo amico. "Sii coraggioso. E' sempre meglio conoscere fino in fondo la verità che stare ad arrovellarsi come fai tu. A proposito, ti ho mai detto di quello che mi capitò tre anni fa, prima che ci conoscessimo?"
"No", rispose Ricky incuriosito, "ma mi piacerebbe sentirlo. Vuoi raccontarmelo ora?"
"Ma certo, soprattutto perché, con tutta probabilità, la mia esperienza ti potrebbe aiutare a prendere una decisione!", esclamò Gregorio. "Tre anni fa", proseguì
quindi il buon micio, "vivevo in una casa con mia madre e altri cinque gatti, coi quali non andavo per niente d'accordo. Erano liti tutti i giorni, anche perché corteggiavo con successo una gattina che abitava poco lontano da noi. Mappy, questo era il suo nome, aveva simpatia solo per me e io ero molto fiero di essere il suo preferito. A un certo punto tra noi iniziò una storia d'amore, seria eh, non un'avventura come tante. Io ero proprio innamorato e Mappy mi ricambiava con ardore. La nostra relazione durò tre mesi - il periodo migliore della mia vita! - Poi un giorno disgraziato, che non dimenticherò mai più campassi cent'anni, decisi all'improvviso di allontanarmi da casa e di conseguenza da Mappy. Ancora oggi non so spiegarmi perché lo feci né cosa esattamente mi accadde. Forse a spingermi a quella fuga furono le continue risse con i miei compagni, o un certo appagamento in amore, oppure il semplice desiderio di nuove avventure o, che ne so io, sta di fatto che me ne andai senza neppure una parola per Mappy. Lei, lo seppi in seguito, soffrì moltissimo per quella inspiegabile separazione. Io invece ero felice di essere libero: fiutavo tracce elettrizzanti, seguivo odori eccitanti, vivevo avventure avvincenti, insomma acquisivo pian piano conoscenza di un mondo completamente diverso da quello in cui ero vissuto fino ad allora. Dopo qualche mese però, quando le novità divennero trascurabili in confronto alle difficoltà che dovevo affrontare, quella vita mi venne a noia. Desideravo tornare dalla mia Mappy e formare con lei una famiglia. Ma attendi oggi e pensaci domani, i mesi passavano e io non mi decidevo mai a troncare con quell'esistenza randagia. A un certo punto la mia vita divenne insopportabile: ogni giorno la ricerca di un rifugio per la notte, procurarsi il cibo in competizione con gli altri randagi del quartiere, i combattimenti aspri per un pezzetto di territorio che, una volta conquistato, era tuo solamente al prezzo di ulteriori lotte... Insomma tutto ormai mi pesava, non ce la facevo più a continuare in quel mondo. Così, superati finalmente tutti gli ostacoli che mi impedivano di mettere in pratica la decisione raggiunta ormai da tempo, presi il coraggio a due mani e con esso tornai a casa: Mappy si era sposata quindici giorni prima con Mandy, il mio peggior nemico!
Quando appresi la notizia, mi parve di sprofondare nel fondo limaccioso di un pozzo in cui il fango della mia rabbia mi teneva bloccato. Passato il primo periodo di sbigottimento, mi feci raccontare da mia madre come erano andate le cose. Essa mi spiegò che Mappy aveva pianto oceani di lacrime, che mi aveva invocato disperatamente tutte le notti seguenti alla mia fuga e atteso fiduciosa sul muretto del giardino per molte settimane. All'inizio era assolutamente certa che sarei tornato, ma quando vide che le sue speranze si affievolivano ogni giorno di più, non potendo tollerare di essere stata abbandonata così, senza alcun motivo, si convinse che mi fosse accaduta una disgrazia. Si fece quindi sopraffare dalla depressione e per diverse settimane toccò a malapena il cibo che la sua mamy le presentava. Mandy allora cominciò a circuirla con i suoi modi melliflui e la conseguenza fu che Mappy accettò, anche se a malincuore, la sua corte.
Quando conobbi ogni dettaglio della triste vicenda, toccò a me piangere e urlare alla luna la mia collera. Quello che più mi irritava era la mia impotenza e la consapevolezza che la tragedia appena svoltasi era da imputare totalmente al mio insensato comportamento. Poi la mia ira pian piano si esaurì. Ora vivo qui con mia madre, solo e pentito per aver atteso così a lungo di ritornare, nonostante ne avessi un desiderio tanto intenso. Non fare il mio stesso errore Ricky, vai dalla tua Mary. Ogni giorno che passa rischi di perderla per sempre!", concluse con calore il buon Gregorio.
"E se, tornando, trovassi anch'io qualche sgradita sorpresa?", insistette Ricky.
"Ma se non lo fai non saprai mai come stanno le cose. E più aspetti, meno probabilità hai di riavere ciò che desideri!", lo incoraggiò Gregorio.
Così un bel giorno Ricky, ormai convinto della necessità di chiarire una volta per tutte la sua situazione, si mise in cammino.
Era un mattino piovoso, la prima pioggia di quell'autunno, con enormi gomitoli di nebbia che sovrastavano il paesaggio, a tratti sfilacciati, spesso compatti come panna montata. Il micio provava un'inquietudine avvolgente che non capiva se derivasse dalla giornata uggiosa o da qualche presagio infausto. Camminò a lungo, pensando al suo futuro e cercando di immaginare quale situazione avrebbe trovato al suo arrivo. L'agitazione, sua compagna di viaggio fin dalla partenza, gli impediva di sentire gli stimoli della fame e la stanchezza. Così, dopo un'intera mattinata di marcia senza soste, finalmente giunse a destinazione. A pochi passi dalla sua vecchia dimora, Ricky alzò coraggiosamente lo sguardo. Un turbine elettrico gli percorse allora l'intero corpo: ....Mary era là, sulla soglia, con le orecchie tese e gli occhi attenti. Quando il micio riuscì di nuovo a camminare, le si avvicinò, la guardò con tenerezza, pensando freneticamente alle parole da dire che però non volevano uscirgli di bocca.
"Bentornato Ricky", lo apostrofò infine Mary con una certa freddezza, andandogli incontro e sfiorandogli la guancia con le labbra.
"Tutta qui la tua accoglienza?", riuscì solo a borbottare il micio, rabbuiato, mentre un presentimento timoroso lo sommergeva. Allora lei sbottò: "Ma cosa pretendi dunque? Sono due anni che ti sei eclissato: nessuna notizia, mai una visita. Ti rendi conto di quante preoccupazioni mi hai procurato? In tutto questo periodo non ho fatto altro che arrovellarmi su quello che poteva esserti accaduto e ti ho pianto sai, ti ho pianto morto.....E ora ti presenti qui, bel bello, ed esigi da me un comportamento affettuoso, come se niente fosse successo. Ma lasciami almeno il tempo per abituarmi all'idea di riaverti qui! A proposito, resti o te ne vai di nuovo?", chiese Mary con una certa qual ironia.
Ricky si sentì meschino, immaturo e....tuttavia speranzoso.
"Beh, veramente ....sono venuto per portarti via. Sai, non ce la faccio più a stare lontano da te e, se tu sei libera e provi ancora affetto per me, vorrei sposarti", replicò Ricky tutto d'un fiato.
Mary tacque pensierosa. In attesa della sua risposta, il micio si guardò intorno. Solo allora osservò con attenzione la sua vecchia casa e si rammentò di quando abitava là con Mary e a com'era bella e semplice la vita a quel tempo.
"Perché poi me ne sono andato?", si chiese con ira, "non mi bastava quello che avevo?" E ripensò alle parole di Gregorio: "Ancora oggi non so spiegarmi perché lo feci né cosa esattamente mi accadde": calzavano a pennello anche a lui!
Frattanto Mary era entrata in casa. Ricky invece non ne ebbe il coraggio, così si accomodò sulla seggiola davanti alla porta.
Era un pomeriggio tiepido nonostante l'umidità della pioggia. Gli uccellini recitavano a squarciagola le loro canzoni di addio sugli alberi, ma Ricky non li sentiva. Non vedeva neppure il cielo punteggiato da grigie nuvolette che si rincorrevano in un girotondo infinito, sospinte dal vento. Tutti i sensi di Ricky tendevano ad un unico scopo: conoscere il più rapidamente possibile la decisione che avrebbe influenzato in modo definitivo il resto della sua vita. Più il tempo passava e più la fievole speranza che gli solleticava il cuore si rafforzava.
"In fondo se Mary non ha ancora fatto la sua scelta, significa che è combattuta e questo gioca di certo a mio favore", pensò Ricky.
"Però un tempo di riflessione tanto lungo può anche significare che lei non ha il coraggio di comunicarmi il suo rifiuto!", rimuginò ancora il micio.
Insomma, per lui quell'attesa fu un'agonia vera e propria, caratterizzata da un alternarsi frenetico di illusione e di sconforto.
Finalmente, dopo un periodo che a Ricky sembrò infinito, Mary si affacciò alla porta e lo invitò a entrare. Si accomodarono sul divano senza scambiarsi neppure un'occhiata e infine Mary parlò: "Il tuo comportamento nei miei confronti ha lasciato molto a desiderare, ma ti voglio ancora bene e sono disposta a dimenticare...."
"Oh, Mary, non ti immagini neppure quanto ne sia felice. Temevo che fossi in collera con me per la mia condotta di tanto tempo fa.... Ora desidero chiederti perdono e cercare di spiegarti cosa mi è accaduto. Nonostante tutto però ti ho sempre amata, tu lo sai, vero?", proruppe il micio con un sospiro di sollievo.
"Sì lo so. Tuttavia ti devo chiedere un piccolo sacrificio", lo interruppe la micia, "dovresti rinunciare alla tua nuova abitazione e ristabilirti qui. Questa è anche la tua casa, ricordi? Io comunque non posso venire a vivere così lontano."
"Ma perché?", chiese Ricky stupito, "c'è per caso qualche impedimento?"
"Sì, devi sapere che ho ...tre figli", sussurrò la micia titubante. "Anche se sono già adulti", proseguì quindi con decisione, "essi vivono qui con me e non posso certo abbandonarli. Non sarebbe neppure giusto da parte mia lasciare questa casa che mi ha accolta e ospitata nei momenti più difficili della mia vita..."
Ricky fu colpito da un assordante fragore, come di tuono, che minacciò di fargli esplodere la testa. Resse però il colpo abbastanza bene. Mille fotogrammi colpirono la sua mente, mille parole gli vennero alle labbra, ma ormai..... era troppo tardi, tardi per tutto!
"Non c'è più posto per me né in questa casa, né nel cuore di Mary!", pensò cupamente l'infelice. E a capo chino continuò rivolto a Mary: "Capisco... Scusami se ho pensato di ritrovarti come ti avevo lasciata. Ma non te ne faccio una colpa, sai: sono stato io ad abbandonarti senza neppure una spiegazione. Non dovevo aspettarmi che tu mi restassi fedele. Che stupido sono stato a tornare!...." Restò qualche minuto pensieroso e poi riprese: "Addio, Mary. Ti ricorderò sempre come il mio primo grande e unico amore. Sii felice, te lo meriti!"
"Avanti, non fare così!", lo consolò Mary con la sua voce più vellutata, "io ti voglio ancora bene e sono disposta a riallacciare i nostri rapporti. E tu, sei certo di non voler restare?"
"In nessun caso lo potrei!", rispose Ricky mestamente.
"Proprio in nessuno?", gli chiese di rimando la micia con un sorriso malizioso.
"Beh, sai, anch'io ho la mia dignità", si inalberò Ricky. "Mi assumo la responsabilità di tutto quanto è accaduto, però chiedermi di restare in una casa che ti ha vista felice con un altro da cui hai avuto anche dei figli...., beh, questo proprio non lo sopporterei!", concluse con veemenza.
"Non vuoi neppure conoscere i miei figli prima di andartene?", gli propose allora la micia con aria innocente.
"E perché vuoi che li conosca se non avrò mai più occasione di vederli?", chiese Ricky.
"Non mi piace che ci lasciamo in questo modo", mormorò Mary, "fammi contenta, accetta di conoscerli, non te ne pentirai...."
"Va bene, se proprio insisti!", accondiscese lui dopo qualche attimo di esitazione.
Mary, con una strana espressione negli occhi, chiamò i suoi figli: "Venite, ragazzi, venite qui accanto a me. Ricky, ti presento i ..... nostri figli: questo è Marty e queste sono Laila e Terry. Questo è Ricky, ragazzi, vostro padre. Avanti, salutate come si deve!", li invitò Mary con calma serafica.
"Come? I miei figli? Ma..., ma perché non me lo hai mai detto?....Io, io... avrei....non so....ma....", balbettò il micio esterrefatto.
"E come avrei potuto dirtelo?, non sapevo neppure dove ti trovavi!", dichiarò la micia alquanto seccata.
Ricky era senza fiato. Per qualche istante restò come inebetito. Persino i suoi pensieri si erano congelati in uno stupore allucinato. Poi ritornò in sé ed esaminò accuratamente i suoi figli: erano uno più bello dell'altro. Un po' altezzosi, a dire il vero, ma la cosa non lo preoccupò più di tanto.
"Mary, perdonami", mormorò il micio ancora turbato, "non sapevo di averti creato tanti problemi. Ora però sono tornato e non me ne andrò più. Hai ragione, resterò qui con te e con i nostri figli. E provvederò io a tutto, dovessi lavorare giorno e notte!"
"Non ce n'è bisogno, caro", lo rassicurò la micia, "la nostra mamy si prende cura di tutti noi e sarà certo ben lieta di rivederti."
In quel mentre si aprì la porta e una signora di mezza età entrò con passo felpato.
"Miciii, miei miciniii, dove siete? Ah, eccoti Mary, e dove sono i tuoi bambini? Laila, Terry, Marty? Venite tesori, qui dalla vostra mamy, su, su. Ma...Ricky??? Sei tu Ricky? Oh, sei tornato! Grazie al cielo sei tornato finalmente, ci voleva proprio un uomo in famiglia, sai? Oh mio bellissimo micione, come sei cresciuto, dove sei stato finora, eh? Come sono contenta di vederti! Ora tutta la famiglia è di nuovo insieme. Non andartene più, Ricky, mi hai fatto stare tanto in pena. Avevo persino pensato che fossi morto.... Ma ora venite, c'è la pappa per i miei mici, qui, adagio, adagio, ce n'è per tutti."
La signora Cecilia aveva le lacrime agli occhi dalla contentezza e continuava ad accarezzare ora uno ora l'altro, quasi per accertarsi che fossero proprio tutti lì, i suoi adorati mici.
(tratto dal libro "Occhi di gatto" pubblicato nel dicembre 2000)