OSVALDO IL POLLO
- Categoria: Racconti
- Pubblicato: Domenica, 14 Giugno 2020 00:00
- Scritto da Maria Grazia Sereni
Osvaldo becchettò qualche briciola, alzò la testa, si guardò intorno, allargò le ali, le sbatté e si fermò d’improvviso, come in ascolto. Qualche rauco grido gli uscì dal becco all’avvicinarsi della sua amica Rosina.
“Salve Rosina” la salutò con ripetute ondulazioni della testa. “Come ti va?”
“Bene, grazie, e tu? Che cosa mi racconti?”
“Oh” si schermì Osvaldo. “La solita vita.”
“Allora ti saluto. A presto” si congedò la pollastra.
“No, non andartene… ieri, vediamo un po’, che cosa volevo dirti? Ah, sì, ora ricordo. Ieri è venuto a trovarmi mio cugino…”
“Quale? Ottavio forse?”
“Sì, proprio lui.”
“E allora?”
“Mi… mi ha detto di salutarti” balbettò Osvaldo. La rabbia gli aveva arrossato il bargiglio che, già rosso di suo, aveva assunto un color vinaccia.
“Davvero?” fece Rosina arruffando le penne. “Che cosa ti ha detto di preciso?”
“Beh, niente di speciale. Si è solo raccomandato: - Salutami tanto Rosina e dille che la penso spesso. Chiedile pure se ha valutato la mia proposta.”
“E tu questo lo chiami <<niente di speciale>>? Ti ha detto altro? Cerca di essere preciso e di evitare commenti. Intesi?”
“Va bene. Mi ha confidato che ti ha proposto di far parte del suo pollaio e che tu non gli hai mai risposto. Anzi, sembra che…”
“Continua” sbraitò Rosina inviperita.
“No, meglio di no” si schermì Osvaldo.
“Perché no?” lo aggredì la pollastra.
“Non vorrei farti arrabbiare” balbettò di nuovo il povero pollo.
“Scusami se prima ti ho aggredito così. Non sono arrabbiata con te, Osvaldo. Tu sei un pollo molto educato e io non potrei mai mancarti di rispetto. Su, caro, raccontami quello che ti ha confidato tuo cugino. Ti prometto che resterò calma.”
“Va bene” proseguì il nostro amico. “Ottavio mi ha detto che tu avresti fatto degli apprezzamenti poco lusinghieri sul suo conto. È vero?”
“Dipende da che cosa intende lui per <<poco lusinghieri>>. Io gli ho solo detto che il suo pollaio è un po’ troppo affollato per i miei gusti. Ti pare un apprezzamento <<poco lusinghiero>>?”
“Assolutamente no. Anzi, ritengo che tu gli abbia fatto un complimento!”
Rosina lanciò uno sguardo di fuoco a Osvaldo, chiocciò motti incomprensibili, gli voltò le spalle e fece per andarsene, offesa.
“Ho detto qualcosa di male? Perché te ne vai così?” supplicò il nostro eroe ormai vicino a una crisi nervosa.
Ma Rosina non si fermò per rispondere, continuò la sua marcia impettita e il suo chiocciare oscuro.
Il povero pollo, non sapendo che pesci pigliare per ristabilire un minimo di armonia, le gridò dietro: “Non andartene, ti prego. Ho anch’io qualcosa da dirti…”
Rosina si fermò di botto, frugò nel terreno in cerca di qualche verme, controllando l’avanzata timida di Osvaldo.
Quando infine il pollo fu a pochi passi da lei, tutto il coraggio, che lo aveva spinto a fare quella dichiarazione, svanì. E lui restò su una sola zampa, timoroso persino di abbassare l’altra.
“Che c’è?” fece Rosina con un tono mellifluo. “Mi volevi parlare o mi sono sbagliata?”
“Beh, sì, però… non so come potresti prenderla.”
“Prendere che cosa? Senti Osvaldo, io non ho tempo da perdere quindi, se hai qualcosa da dirmi, ti ascolto, altrimenti me ne vado.”
Il nostro povero amico era combattuto tra la timidezza e la grande attrazione che Rosina esercitava su di lui. Attese quindi qualche secondo, poi, nel timore che lei potesse andarsene, sbottò: “Io non ho ancora un pollaio mio, anche perché le pollastre non mi interessano…”
“Che cosa mi dici mai! Questo significa che sei omosessuale?”
“No, intendevo dire che amo una giovane pollastra e che tutte le altre non mi interessano.”
“Ma guarda un po’! Il nostro Osvaldo innamorato! Lo sai che questo è contro natura? In genere ogni gallo ha un nutrito pollaio, ma tu, del resto, non sei ancora un gallo o sbaglio?”
Osvaldo, che non aveva seguito il discorso della sua interlocutrice vuoi per l’agitazione, vuoi per i pensieri che gli attraversavano il cervello come lampi temporaleschi, replicò: “Certo che la conosci, e bene anche!”
“Non ti ho chiesto nulla, ci mancherebbe. Se ti vuoi confidare, sono tutta orecchi, altrimenti comprendo la tua riservatezza.”
“Sono ormai mesi che non penso che a lei…”
“Bene, mio caro, ora devo proprio andare. Se vedi tuo cugino Ottavio, salutamelo e digli che nel giro di qualche giorno gli darò la mia risposta.”
“Ho identificato uno stanzino vuoto che potrebbe fungere da prima casa. Nessuno ne conosce l’ubicazione. Se vuoi, te lo mostro. Ehi, ma dove stai andando?”
“Ho capito che sei talmente preso dalla tua amata da non sentire quello che ti ho detto. Quindi è meglio che tu continui a pensare a lei e che io me ne torni dalle mie sorelle.”
“Posso avere una risposta?”
“Una risposta? A che cosa? non mi hai chiesto niente.”
“Credevo di essere stato chiaro. Mi pareva che tu avessi compreso…”
“Senti Osvaldo. Io sono una pollastra paziente, ma tu sei un pollo veramente strano. Mi hai parlato fino a ora della tua innamorata e vuoi da me una risposta. Se la conoscessi, ti potrei dire che cosa ne penso, ma non me ne hai neppure detto il nome, come faccio a esprimere un giudizio?”
“Io… tu sai… immagina che… se fossi…”
“Osvaldo? Ti senti bene? Non capisco un accidente di quello che vuoi dirmi. Ti spiace essere più chiaro?”
“Sei tu la pollastra dei miei sogni” sbrodolò Osvaldo d’un fiato. “Non l’avevi capito? E vorrei sapere se posso sperare di essere corrisposto. Io prenderei solo te per moglie o, se tu ti sentissi sola, anche qualche tua sorella, ma saresti l’unico amore della mia vita, te lo giuro.”
“Osvaldo! Non mi sarei mai immaginata una cosa del genere. Lasciami qualche giorno per pensare.”
Rosina se ne andò con un’andatura dondolante e soddisfatta che fece battere forte il cuore al nostro amico.
Una volta sgravatosi dal peso della sua passione, Osvaldo se ne stette tranquillo ad attendere la decisione della sua bella. Trascorse un’intera settimana senza che di Rosina egli avesse notizie. Cercò in ogni modo di incontrarla, passando davanti a casa sua in diverse ore del giorno, chiedendo notizie a conoscenti comuni, finché decise di farle visita nel suo pollaio.
La porta era aperta, così il nostro eroe si affacciò emettendo qualche timido strido per avvisare della sua presenza.
“Buon giorno” fece una chioccia bella rotonda e candida come un fiocco di neve. “Ti serve qualcosa, caro?”
“Buon giorno. Sto cercando Rosina. È in casa?”
“No, non abita più qua. Si è sposata con Ottavio, e ora abita nel suo pollaio. Se vuoi, posso dartene l’indirizzo.”
Osvaldo non riusciva a reagire a quella ferale notizia. Se ne stava immobile senza profferire parola, muovendo solo la testa a scatti inconsulti. Poi, come era entrato, uscì da quel luogo di dolore e si diresse verso casa.
Il suo pollaio era molto affollato, soprattutto in quel momento in cui un’umana stava distribuendo il granturco. Osvaldo osservò la scena con indifferenza, girò le spalle e fece per andarsene, quando sentì una delle sue sorelle starnazzare di terrore.
Sapeva che cosa significava quella scena: ne aveva già vissute parecchie nella sua breve vita e, d’un tratto, decise che avrebbe salvato la sorella.
Si avvicinò all’umana con cautela, le becchettò le ciabatte finché riuscì ad attirare la sua attenzione e allora, con fare compito, le comunicò: “Signora, prendi me al posto di mia sorella. Lei ha tutta la vita davanti, io invece non ho più scopo. Non ti creerò problemi. Suvvia, fammi contento, lascia andare Filina e prendi me!”
L’umana non comprese un’acca di quel lungo discorso, ma fu così stupita da quel pollo parlante che allentò la presa sulle ali di Filina che fu lesta a scappare. Cercò la poveretta di acciuffare qualche altro pollo, ma ormai intorno a lei si era fatto il deserto, quindi fu costretta ad accontentarsi di Osvaldo che pareva offrirsi spontaneamente. Lei non ci pensò due volte, allungò una mano e prese Osvaldo per le ali. Lui non disse nulla, Si abbandonò a quella stretta e pianse amaramente sul suo amore mai sbocciato.
“Grazie Osvaldo” gli chiocciò da lontano Filina, ma lui non aveva neppure voglia di rispondere.
Il giorno successivo Rosina passò da quelle parti proprio quando le chiocce stavano raccontandosi l’accaduto. La pollastra si fermò e ascoltò senza avere la minima idea che il pollo di cui tanto si parlava fosse Osvaldo.
“Come mi piacerebbe che mio marito fosse tanto coraggioso” pensò. Poi, con una scrollata di spalle proseguì la sua ricerca di vermi succulenti. Non vedendo il suo innamorato in giro, chiese di lui. Quando seppe che il pollo di cui tanto si parlava era Osvaldo, Rosina restò impalata per qualche minuto, prima di andarsene di corsa.
Voleva restare sola a pensare.
“Quanto sono stata stupida a mettermi con Ottavio: lui non avrebbe mai avuto il coraggio di un comportamento simile. Mi avrebbe lasciata spennare pur di salvare il suo prezioso piumaggio. Un amore come quello di Osvaldo non si trova tutti i giorni. Ed era anche un bel pollo, anche se un tantino giovane. E ora? Che cosa farò? Di tornare da Ottavio non se ne parla neppure. Può tenersi stretto il suo pollaio, io chiederò asilo alle sorelle di Osvaldo. Racconterò loro che lui mi amava e che io non ho voluto ricambiarlo, anche se ora sento che potrei fare qualsiasi cosa per lui.”
Rosina si recò dalle sorelle dello scomparso, raccontò loro tutta la storia e fu cacciata in malo modo.
Sola, disperata, andava in giro per il cortile chiocciando sommesse lacrime. Di tanto in tanto si strappava una piuma che volava in alto sospinta dal vento, per poi ricadere tristemente a terra.
“Guarda” disse un’umana a un’altra, “quella gallina che si sta spennando. Che sia malata? È meglio che la eliminiamo prima che diffonda qualche malattia!”
Così anche Rosina fu presa, spennata e messa in frigo accanto a Osvaldo. I loro corpi giacquero vicini finché venne il momento di trasformarsi in vivande.
Se quella fattoria avesse ospitato umani vegetariani, forse l’amore di Osvaldo e Rosina avrebbe avuto una possibilità di realizzarsi.
(dal libro Animali, amici miei edito in marzo 2010)