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UNA FATTORIA A MISURA DI ANIMALI

  • Categoria: Racconti
  • Pubblicato: Giovedì, 10 Agosto 2023 00:00
  • Scritto da Maria Grazia Sereni

 fattoria dei sogni

Ho compiuto ieri due mesi che ho trascorso in una gabbia insieme con le mie sorelle e i miei fratelli.

Non sappiamo nulla invece dei nostri genitori.

Nella gabbia accanto c’è una vecchia oca, tutta spelacchiata e grassa da morire.

Spesso ci racconta delle storie, ma sono sempre lagne infinite.

“Non ho ancora molto da vivere,” ci confida oggi. “Così, vorrei informarvi di quanto vi sta per accadere.”

“Perché non avresti molto da vivere Mimma?” chiedo incuriosita.

“Semplice. Mi hanno nutrita ogni giorno con tanto di quel cibo che il mio fegato si è ammalato di steatosi…”

“Cos’è la steatosi?” chiede mio fratello Ludovico.

“È una malattia dovuta al grasso che si deposita nel fegato e che lo rende dieci volte più grande di un fegato sano.”

“Ma perché vi fanno ammalare così?” chiedo.

“Perché il nostro fegato così grosso viene usato nelle cucine degli umani: sembra che per loro sia una prelibatezza!”

“Allora ti uccideranno per toglierti il fegato?” domanda Ludovico.

“Sì, però vorrei raccontarvi che cosa sta per succedere a voi. Dunque, uno di questi giorni gli umani verranno a prelevarvi, vi legheranno le zampe, vi afferreranno per il collo e cominceranno a spiumarvi…”

“Che cos’è spiumare?” voglio sapere.

“Vi toglieranno tutte le piume, strappandole senza riguardo e provocandovi anche qualche ferita. E questo accadrà ogni due mesi per tre volte consecutive. Qualcuno di voi sarà scelto per l’ingrasso, altri per il foie-gras e altri ancora invece non sopporteranno il dolore, lo stress e il freddo che inevitabilmente li assilleranno. Per questi predico una morte precoce!”

“Ma sei sicura di quello che dici?” chiedo inorridita.

“Purtroppo sì. Se posso darvi un consiglio, non cercate di fuggire: il capannone che ci ospita è chiuso, e voi non riuscireste che a innervosire i vostri aguzzini. Sopportate con pazienza, non c’è altro da fare.”

Io e i miei fratelli ci guardiamo negli occhi e non sappiamo che cosa replicare.

La notte sogno che mi stanno strappando le piume candide, così soffici e leggere, che tengono caldo il mio corpo. Mi sveglio mentre la gabbia si sta aprendo. Un’umana prende tutti noi che emettiamo grida di terrore, sbattendo le ali.

Ci porta in un luogo sinistro, pieno di piume che svolazzano e di sangue rappreso: ne sentiamo l’odore che ci terrorizza ancora di più.

“Aiuto,” gridiamo, ma non sappiamo chi ci possa aiutare.

Io sono la prima a essere agguantata per il collo, mentre la mia aguzzina, dopo avermi bloccato la testa tra le gambe, mi strappa le piume con entrambe le mani a partire dal petto.

Il dolore è atroce, sento anche che in certi punti la pelle mi viene strappata insieme alle piume, e non so fare altro che piangere disperata.

A opera finita sono lanciata su un mucchio di altre mie simili mezzo tramortite e nude come me.

Sento freddo, brividi di terrore che percorrono il mio corpicino e che mi impediscono di muovermi.

Resto in mezzo ai miei simili per non so quanto tempo prima che altri aguzzini vengano a prenderci e a trasferirci nelle nostre vecchie gabbie.

Mio fratello Ludovico non è sopravvissuto al trattamento, proprio come aveva detto la vecchia Mimma. Ho visto il suo corpicino privo di vita sopra un mucchio di altri corpi esanimi.

“Mimma,” grido, “non puoi aiutarci tu? Fai qualcosa per favore!”

“Purtroppo è impossibile: gli umani sono molto più forti di noi, e da queste gabbie non ci è possibile fuggire.”

“Sì però noi siamo intelligenti, anche se loro, secondo me, sono convinti del contrario,” sentenzio io.

“E allora?” chiede Mimma. “Pensa tu a qualche strattagemma che ci permetta di sfuggire al nostro destino.

Prometto che questa notte mi dedicherò alla ricerca di una soluzione.

E invece mi addormento spossata per tutte le emozioni che mi hanno scossa.

Durante la notte mi sveglio di soprassalto vedendo delle luci tremolare in lontananza e sentendo ancora odore di umani.

“Mimma,” sussurro, ma lei sta dormendo profondamente e non ha udito nulla.

Mi sveglio del tutto quando un umano, puntando una torcia sulla mia gabbia, mormora: “Povere ochette! Guarda come sono conciate.”

“Che crudeltà strappare le piume a oche così giovani e in autunno anche, quando i primi freddi sono alle porte. Non so quanti di questi esserini riusciranno a sopravvivere.”

“Qualcuno sopravvivrà senz’altro, perché ce ne portiamo via quanti più possiamo.”

Ho capito bene?

Questi sono umani che ci vogliono salvare dai nostri aguzzini?

Sporgo la testa tra le sbarre della gabbia che viene aperta.

Tutti i miei fratelli sono prelevati, e io mi unisco a loro di mia spontanea volontà.

Quando uno tenta di starnazzare, gli rifilo una beccata in testa, ordinandogli “Sta zitto!”

I nostri liberatori sono tanti e ci passano di mano in mano per caricarci su un furgone.

Una volta che il carico è completo, il veicolo parte spero per una destinazione migliore.

Viaggiamo a lungo, poi infine arriviamo in un luogo che non conosco e siamo ricoverati in un grande capannone senza gabbie.

“Già questa è una buona cosa,” mi dico, dimenando leggermente la coda. “Staremo a vedere domani che cosa succederà.”

In lontananza noto che anche Mimma è stata liberata, così mi avvicino a lei chiedendole che cosa ne pensa.

“Oh, sono certa che la nostra vita cambierà, però non ho mai avuto esperienze di questo genere, posso solo fare delle supposizioni.”

È mattino presto. La porta del capannone si apre, e noi sciamiamo fuori, dove ci attendono acqua e cibo a volontà.

Sento ancora molto freddo, ma sono felice.

Tutte le oche nude ritornano poi nel capannone: “Non potete prendere troppo freddo, altrimenti rischiate di ammalarvi,” ci spiega un’umana.

E noi entriamo felici nel nostro ricovero.

Sono passati molti giorni, le mie piume stanno ricrescendo, e io sono finalmente riuscita a farmi un giretto sul lago che costeggia la fattoria dei sogni: così l’ho chiamata io.