Login Form

DOTTY LA DOLCE

  • Categoria: Racconti
  • Pubblicato: Giovedì, 05 Settembre 2024 00:00
  • Scritto da Maria Grazia Sereni

 

DOTTY

Etcì! Che raffreddore amici, mi sento malissimo!

Ho appena compiuto tre mesi e non ricordo un giorno della mia vita senza questa noiosa infreddatura.

Del resto è ancora fresco di notte, e io non ho un posto dove ripararmi, tranne la pancia della mia mamma che, anche lei, non sta per niente bene.

Etcì! Mi sono allontanata da casa per ispezionare i dintorni. Chissà che riesca a trovare una sistemazione migliore!

Attraverso due, tre, quattro strade e mi imbatto in una bella casetta con porticato, sotto di cui sono disposte due seggiole con cuscini morbidissimi. Sui quali mi giro e rigiro per impregnarli del mio odore: questi sono i miei cuscini ormai!

Ma non me ne va bene una! Ecco due cani latranti che mi schiodano dal mio paradiso per spedirmi in cima a un albero – e fortuna che c’era quello, altrimenti non sarei qui a raccontare le mie avventure.

Ecco la scena: io in cima all’albero, tremante e spaurita con sotto i cani che abbaiano a più non posso.

Esce allora da casa una signora, rinchiude le bestiacce in un recinto, poi mi invita a scendere. Nel frattempo è iniziato a piovere.

Etcì! Cara signora, penso, mi dispiace di non poterti accontentare, ma con quei due che continuano ad abbaiare, io di qui non mi muovo.

Resto quassù tutta la notte, bagnata come se mi fossi immersa in un fiume, con il raffreddore che non mi dà tregua.

L’indomani mattina, un umano sale fino a me con una scala, mi prende per la collottola – lo lascio fare perché sono stufa di stare quassù e anche affamata –, poi mi chiude in una gabbietta.

“Etcì! Voglio uscire!” miagolo a squarciagola, ma il mio salvatore non comprende, o fa finta di non comprendere.

Nel frattempo siamo giunti davanti a un’altra casa dalla quale esce una mammy, di quelle che fanno la felicità di ogni gatto, avete presente?

Il mio amico parlotta con lei: “Vuole questo gattino?”

“Dove l’ha trovato?”

“Era su una pianta nel giardino di mia sorella.”

“Ne ho già tanti, non posso inserirne un altro!” risponde la signora con occhi dispiaciuti.

“Guardi, poverino, è malato…” insiste lui.

E io starnutisco per confermare.

“Non potrebbe tenerlo lei?” propone l’umana.

“Eh no, ne abbiamo già uno, “ si giustifica lui. “Però, se lei non lo vuole, lo libero per strada.”

La signora allunga una mano, prende la gabbietta e mi osserva con attenzione.

“È una femmina! Va bene, me la lasci. Cercherò di sistemarla presso qualche amica.”

E così ho una nuova famiglia.

Sono introdotta in una stanza riparata dalla pioggia e calda, dove mi vengono prestate le prime cure.

Il cibo è abbondante, le cucce comode, i giochi numerosi.

Penso di essere in paradiso quando mammy mi sta vicino, ma trascorro anche tanto tempo da sola.

“Finché non sarai guarita da quel brutto raffreddore,” mi comunica lei, “non potrò portarti in casa.”

Trascorrono i giorni, mi sto irrobustendo e sento che mi sono quasi ristabilita grazie alle cure ricevute.

Poi, un giorno, finalmente la porta della mia prigione – si fa per dire – si apre, e io approdo in una casa magnifica: spazi ampi, cuscini e cucce di ogni tipo, acqua e cibo a volontà sempre disponibili ma… ma quanti gatti abitano qui? Non so contare bene, ma mi pare ce ne siano sei, sette, forse otto, nove o dieci!

Pazienza, penso, l’importante è non stare sola.

Faccio amicizia con i due più giovani – Lallie e Toby –, con i quali gioco tutto il tempo in cui sono sveglia e che non dedico all’alimentazione.

Ora sono perfettamente guarita – è tutta un’altra vita, ve lo assicuro – e felice della mia nuova sistemazione.

Una sera la mia mammy riceve la visita di un’amica.

Mi piace quest’umana, le salgo allora sulle ginocchia e allungo il muso per baciarla sul naso. È amore a prima vista.

Non trascorre molto tempo che mi trasferisco in casa della nuova mammy.

I primi tempi sono duri: abituata a condividere lo spazio con i miei amici, qui mi sento un po’ sola, d’altro canto ho tutta la casa a disposizione. E, soprattutto, la mia nuova mammy e suo figlio sono solo miei.

Etcì! Che raffreddore amici, mi sento malissimo!

Ho appena compiuto tre mesi e non ricordo un giorno della mia vita senza questa noiosa infreddatura.

Del resto è ancora fresco di notte, e io non ho un posto dove ripararmi, tranne la pancia della mia mamma che, anche lei, non sta per niente bene.

Etcì! Mi sono allontanata da casa per ispezionare i dintorni. Chissà che riesca a trovare una sistemazione migliore!

Attraverso due, tre, quattro strade e mi imbatto in una bella casetta con porticato, sotto di cui sono disposte due seggiole con cuscini morbidissimi. Sui quali mi giro e rigiro per impregnarli del mio odore: questi sono i miei cuscini ormai!

Ma non me ne va bene una! Ecco due cani latranti che mi schiodano dal mio paradiso per spedirmi in cima a un albero – e fortuna che c’era quello, altrimenti non sarei qui a raccontare le mie avventure.

Ecco la scena: io in cima all’albero, tremante e spaurita con sotto i cani che abbaiano a più non posso.

Esce allora da casa una signora, rinchiude le bestiacce in un recinto, poi mi invita a scendere. Nel frattempo è iniziato a piovere.

Etcì! Cara signora, penso, mi dispiace di non poterti accontentare, ma con quei due che continuano ad abbaiare, io di qui non mi muovo.

Resto quassù tutta la notte, bagnata come se mi fossi immersa in un fiume, con il raffreddore che non mi dà tregua.

L’indomani mattina, un umano sale fino a me con una scala, mi prende per la collottola – lo lascio fare perché sono stufa di stare quassù e anche affamata –, poi mi chiude in una gabbietta.

“Etcì! Voglio uscire!” miagolo a squarciagola, ma il mio salvatore non comprende, o fa finta di non comprendere.

Nel frattempo siamo giunti davanti a un’altra casa dalla quale esce una mammy, di quelle che fanno la felicità di ogni gatto, avete presente?

Il mio amico parlotta con lei: “Vuole questo gattino?”

“Dove l’ha trovato?”

“Era su una pianta nel giardino di mia sorella.”

“Ne ho già tanti, non posso inserirne un altro!” risponde la signora con occhi dispiaciuti.

“Guardi, poverino, è malato…” insiste lui.

E io starnutisco per confermare.

“Non potrebbe tenerlo lei?” propone l’umana.

“Eh no, ne abbiamo già uno, “ si giustifica lui. “Però, se lei non lo vuole, lo libero per strada.”

La signora allunga una mano, prende la gabbietta e mi osserva con attenzione.

“È una femmina! Va bene, me la lasci. Cercherò di sistemarla presso qualche amica.”

E così ho una nuova famiglia.

Sono introdotta in una stanza riparata dalla pioggia e calda, dove mi vengono prestate le prime cure.

Il cibo è abbondante, le cucce comode, i giochi numerosi.

Penso di essere in paradiso quando mammy mi sta vicino, ma trascorro anche tanto tempo da sola.

“Finché non sarai guarita da quel brutto raffreddore,” mi comunica lei, “non potrò portarti in casa.”

Trascorrono i giorni, mi sto irrobustendo e sento che mi sono quasi ristabilita grazie alle cure ricevute.

Poi, un giorno, finalmente la porta della mia prigione – si fa per dire – si apre, e io approdo in una casa magnifica: spazi ampi, cuscini e cucce di ogni tipo, acqua e cibo a volontà sempre disponibili ma… ma quanti gatti abitano qui? Non so contare bene, ma mi pare ce ne siano sei, sette, forse otto, nove o dieci!

Pazienza, penso, l’importante è non stare sola.

Faccio amicizia con i due più giovani – Lallie e Toby –, con i quali gioco tutto il tempo in cui sono sveglia e che non dedico all’alimentazione.

Ora sono perfettamente guarita – è tutta un’altra vita, ve lo assicuro – e felice della mia nuova sistemazione.

Una sera la mia mammy riceve la visita di un’amica.

Mi piace quest’umana, le salgo allora sulle ginocchia e allungo il muso per baciarla sul naso. È amore a prima vista.

Non trascorre molto tempo che mi trasferisco in casa della nuova mammy.

I primi tempi sono duri: abituata a condividere lo spazio con i miei amici, qui mi sento un po’ sola, d’altro canto ho tutta la casa a disposizione. E, soprattutto, la mia nuova mammy e suo figlio sono solo miei.