BRACCONAGGIO
- Categoria: Animali
- Pubblicato: Martedì, 22 Luglio 2014 00:00
- Scritto da Maria Grazia Sereni
Ogni anno muoiono milioni di animali sotto i fucili dei cacciatori. Molti provengono da allevamenti appositi e sono rilasciati all’inizio della stagione venatoria, altrettanti se non di più sono quelli selvatici.
I cacciatori, unico caso in Italia, sono autorizzati, durante la stagione della caccia, a entrare nei campi e nelle proprietà privati.
Il bracconaggio è una delle principali cause della diminuzione o dell’estinzione di alcune specie selvatiche.
Spesso i bracconieri mirano all’abbattimento di esemplari rari come il camoscio di Abruzzo, l’aquila reale o il muflone sardo, avendo come fine il commercio clandestino di trofei o di animali imbalsamati.
Al bracconaggio si aggiungono gli illeciti commessi dal singolo cacciatore che, pur esercitando un’attività consentita, non esita a sparare alla specie selvatica rara e protetta se gli capita a tiro.
Il giro di affari del bracconaggio in Italia è di cinque milioni di euro l’anno.
Parte del bracconaggio riguarda la cattura di uccelli selvatici protetti (pettirossi, cince, codibugnoli, codirossi e altri piccoli passeriformi) venduti poi illegalmente. Per la loro cattura ci si serve di reti e archetti.
Particolarmente crudele è l’archetto, costituito da un ramoscello piegato attraverso cui passa un filo di nylon bloccato a una delle estremità da un pezzetto di legno collegato all’esca. Quando l’uccello toglie l’esca, sblocca il meccanismo facendo tendere il filo che lo imprigiona.
Un altro metodo usato comunemente è il vischio, cui gli uccelli restano incollati.
Il sessantacinque per cento degli uccelli non sopravvive allo stress della cattura.
Fra i pochi che si salvano, alcuni vengono accecati per essere poi utilizzati come richiamo per catturare altri esemplari della stessa specie.
(da un articolo di OIPA Italia)