ALIMENTI ADATTI
- Categoria: Veganesimo
- Pubblicato: Lunedì, 24 Agosto 2020 00:00
- Scritto da Maria Grazia Sereni
Non è detto che chi mangia 100% vegetale scelga gli alimenti adatti per restare in salute, così come non è detto che tutti gli alimenti confezionati siano da evitare: cosa mangiare e cosa no, quindi, per restare in salute con una dieta plant-based?
Negli ultimi anni il continuo aumento della popolarità dell’alimentazione vegana ha incentivato l’industria alimentare a espandere la gamma degli alimenti vegetali in commercio. Se da una parte questo è positivo, dal momento che aumenta la possibilità di scelta e varietà della dieta vegana, c’è anche un aspetto poco positivo: così come l’industria alimentare ha già “snaturato” la dieta mediterranea – arricchendola di alimenti raffinati, ricchi di grassi e zuccheri di cattiva qualità – la stessa cosa ora la sta facendo con la dieta vegana.
Si assiste a un curioso paradosso: i prodotti vegani continuano a essere percepiti tendenzialmente come “più salutari” rispetto alla controparte onnivora; l’esempio classico è il cornetto vegano del bar, che finisce sempre alla svelta perché considerato “dietetico” rispetto alle alternative classiche. Allo stesso tempo, però, l’alimentazione vegana di per sé continua a essere considerata rischiosa, incompleta e malsana. Ma come è possibile? Se i vegani consumano gli alimenti più “salutari” in commercio, come fa la loro dieta a essere malsana?
In realtà entrambe le affermazioni possono essere vere e false allo stesso tempo. Infatti non è sempre vero che gli alimenti vegani sono più salutari rispetto la controparte onnivora e non è sempre vero che la dieta vegana è automaticamente più salutare della dieta onnivora. Bisogna sempre ricordare che il termine “vegan” non indica un particolare tipo di dieta o di ricetta, ma uno stile di vita bastato sulla compassione e sull’empatia. Il vegano può mangiare qualsiasi alimento, purché questo non comporti sfruttamento e crudeltà. Purtroppo però, molto frequentemente i vegani stessi si dimenticano di proteggere e avere cura di sé stessi.
Alimentazione vegana: cosa evitare per restare in salute?
Un’alimentazione sana, adatta e specifica per la nostra specie è il più grande atto d’amore che possiamo rivolgere verso noi stessi, proteggendoci dal rischio di sviluppare malattie importanti e mantenendoci energici e vitali.
Psicologicamente, vietarsi qualcosa spinge il cervello a cercare tutti gli escamotage possibili per fare un’eccezione. Dobbiamo sempre ricordarci che abbiamo un “bambino interiore”: quando vieti a un bambino di toccare una determinata cosa, quella cosa diventerà il centro della sua attenzione e non si darà pace finché non l’avrà toccata. Per il cibo accade la stessa cosa e sicuramente l’avrete sperimentato la prima volta che vi siete messi a dieta, quando avrete festeggiato la “fine” della dieta andando nel vostro ristorante preferito ad abbuffarvi del vostro piatto preferito, che vi era tanto mancato.
Gli alimenti “a semaforo rosso” non vanno quindi evitati a ogni costo, ma relegati a occasioni conviviali, di festa o per quei momenti in cui proprio non se ne può fare a meno. Per capire cosa va limitato della nostra alimentazione, bisogna partire da un concetto di base, sempre valido e molto semplice da ricordare:
“Gli alimenti più salutari sono quelli che si trovano in natura e che si possono mangiare esattamente come la natura li ha creati”.
Quindi, tendenzialmente, alimenti “monoingrediente” che non hanno una etichetta né una pubblicità in TV.
Dovremmo porci la domanda: “Cosa mangeremmo se vivessimo ancora in natura e non fosse mai arrivata l’industria alimentare?”. La risposta sarebbe: vegetali, ortaggi, tuberi, radici, frutta, semi e frutta secca. E qui, come si suol dire, casca l’asino: mancano due pilastri dell’alimentazione vegana salutare, ovvero i cereali e i legumi. È vero che in natura non avremmo potuto mangiare questi alimenti, ma è vero anche che non tutto ciò che è “moderno” è venuto per nuocere. La possibilità di cuocere legumi e cereali ci ha dato indubbiamente un vantaggio evolutivo, facendo sì che potessimo godere di fonti di calorie più concentrate e più conservabili, regalandoci più tempo da dedicare alle attività sociali e intellettualmente stimolanti, piuttosto che spendere la giornata a cercare e consumare cibo. È ciò che ci ha resi, di fatto, umani.
Cereali e legumi non vanno assolutamente demonizzati, fanno parte della nostra alimentazione praticamente dalla scoperta del fuoco; è stata la progressiva raffinazione che ha creato problemi, unita all’aumento della sedentarietà: se da una parte gli alimenti diventavano sempre più calorici e ricchi di carboidrati “pronti all’uso”, dall’altra avevamo sempre meno bisogno di queste fonti di energia così concentrata, perché ci stavamo muovendo sempre di meno. Ma il danno più grande è stato unire queste fonti raffinate e concentrate di carboidrati a fonti di grassi di cattiva qualità: alimenti “a semaforo rosso” infatti sono quelli che contengono contemporaneamente alte quantità di carboidrati raffinati e grassi saturi o, ancor peggio, trans. Brioches industriali, alcuni tipi di surrogati della carne e del formaggio, biscotti, patatine fritte sono solo alcuni esempi di questi alimenti.
Olio? Sì, ma extravergine di oliva
Come l’industria ha raffinato i carboidrati fino ad arrivare alla raffinazione più estrema, lo zucchero bianco, anche i grassi sono stati “raffinati”: lo zucchero bianco sta ai carboidrati come l’olio sta ai grassi. Gli olii sono le fonti più concentrate di calorie – 9 kcal per grammo – rispetto alle 4 kcal per grammo di proteine e carboidrati. Siccome molti dei nostri “mali” derivano da un’alimentazione in eccesso, va da sé che un alimento come l’olio (che porta tantissime calorie in poco volume, senza saziare e senza avere qualcosa che ne possa regolare l’assimilazione, essendo privo di fibre), vada assolutamente tenuto sotto controllo. C’è ovviamente un’importante eccezione, l’olio extravergine di oliva, che può rientrare a pieno diritto nell’alimentazione di tutti i giorni, visto il suo alto tenore di antiossidanti e di elementi protettivi per la nostra salute, ma va comunque dosato con attenzione.
Una menzione particolare va all’olio di semi di lino, che se da una parte può offrire vantaggi per il suo alto tenore di acidi grassi omega-3, dall’altra è veramente troppo difficile da reperire di ottima qualità, con la garanzia di essere conservato in maniera ottimale: l’olio di lino irrancidisce molto facilmente e molto velocemente. È meglio consumare i semi di lino macinati al momento, che sono per altro fonte di lignani, potentissimi antiossidanti con proprietà antitumorali che si trovano nella “scorza” dei semi di lino e che quindi vengono persi nella spremitura dell’olio.
Leggere le etichette
Come ho detto all’inizio dell’articolo, per quanto sicuramente gli alimenti “monoingrediente” siano i più salutari, non è detto che tutto ciò che provenga dall’industria alimentare non lo sia. Per questo dobbiamo imparare a leggere le etichette degli ingredienti.
Il Biodizionario – strumento consultabile gratuitamente sul sito e scaricando l’app gratuita per iOS e Android – è diventato uno strumento in grado di garantirci non solo la bontà degli INCI dei cosmetici, ma anche degli ingredienti dei prodotti alimentari. Chiaramente una cultura di base è sempre importante per non farsi cogliere impreparati: ho preparato il “semaforo della salute” per aiutarvi a categorizzare gli alimenti e gli ingredienti principali: