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CANCRO E PROTEINE

  • Categoria: Salute
  • Pubblicato: Lunedì, 27 Giugno 2016 00:00
  • Scritto da ADMIN

Ho trovato su Internet questo articolo, molto interessante per la prevenzione e la cura del cancro.

In alcuni punti non mi trova d’accordo (come vegana disapprovo il consumo anche solo occasionale di alimenti di origine animale), ma per il resto lo trovo un valido aiuto per chi pensa che ingozzarsi di proteine sia benefico per la salute.

 

cancro e proteine

CANCRO E PROTEINE “NON PIU’ DELL’8%”

Le proteine favoriscono la crescita del cancro.

Un’affermazione importante, specie se a sostenerla, è un medico oncologo presidente di un’associazione di ricerca integrata che in Italia collabora da anni con gli USA.

Così Massimo Bonucci, presidente ARTOI, intervenuto alla Rubrica Be4eat su TelecolorIl Ruolo della genetica e dello studio integrato in oncologia” ha spinto sull’importanza, alla luce delle ultime evidenze scientifiche, di operare cum grano salis nella dieta di tutti i giorni.

Le proteine- sostiene l’oncologo-, se consumate in eccesso, tendono a far crescere e infiammare ciò che non vorremmo fare crescere e tanto meno infiammare. Per questo un consumo contenuto e adeguato di queste sostanze indispensabili al ricambio cellulare, è fondamentale in una dieta preventiva al cancro ma anche e soprattutto in una dieta “terapeutica” consigliabile al paziente oncologico”.

Secondo l’oncologo di Artoi stando alle diverse evidenze scientifiche a riguardo al consumo di proteine il giorno dovrebbe aggirarsi intorno agli 0,6-0,7 grammi pro Kg il giorno.

Valori indicati anche nei LARN italiani, ovvero i livelli di assunzione giornalieri consigliati, che tradotti al lato pratico si concretizzano con 40-60 gr di proteine al giorno per un peso medio che può variare dai 60 agli 80 kg.

Vogliamo semplificarci la vita e prendiamo in considerazione 1grammo pro Kg il giorno?- commenta Bonucci-. Il risultato cambia di poco perché comunque la dieta seguita dalla stragrande maggioranza delle persone oggi è ben più ricca in proteine. Questo eccesso è il primum movens della trasformazione cellulare in possibili cellule neoplastiche. I nostri nonni mangiavano carne una volta la settimana e solo la domenica avevano un elevato apporto proteico. Durante la settimana la loro alimentazione era incentrata sul mondo vegetale, con apporti proteici inferiori e l’equilibrio dell’organismo era preservato. Non dimentichiamoci che 100 gr di lenticchie sono 22-25 gr di proteine, e aggiungendo frutta secca, cereali integrali e via dicendo il nostro fabbisogno proteico è soddisfatto.”

Il problema oggi, commenta l’oncologo, è la cattiva informazione data ai pazienti.

Il 10% di calorie totali della dieta energia giornaliera consigliate dal WHO, World Health Organization, è troppo – incalza l’oncologo-. Se noi ci attestiamo in media su una dieta di circa 2000 calorie il giorno, ciò significa che ogni giorno dovremmo mangiare circa 200 calorie provenenti da proteine? Questa è una dieta americana, non certo cinese o giapponese. Dobbiamo stare attenti a interpretare le linee guida e il loro significato perché rischiamo di dare come medici informazioni sbagliate e potenzialmente dannose ai nostri pazienti”.

Questo ragionamento vale soprattutto in caso di pazienti oncologici che in fase di terapia necessitano, incalza Bonucci, di una dieta particolare. La stessa che sposa l’approccio dato dal prof. T. Colin Campbell nel The China Study e che mira alla riduzione del consumo di proteine su una quota pro die che può suppergiù aggirarsi intorno all’8% di energia giornaliera.

C’è una leggera distinzione tra dieta preventiva e dieta terapeutica indispensabile a chi affetto da cancro- spiega l’oncologo-. La dieta preventiva è una dieta incentrata su verdure, cereali antichi e integrali, pochi o zero zuccheri aggiunti e un apporto di proteine che può includere nella settimana alcuni alimenti di origine animale in modo tuttavia quantitativamente moderato, con un indice glicemico basso come il pesce e soprattutto qualitativamente ottimo (no OGM, ormoni eccetera). Diversa una dieta terapeutica. In questo caso io devo togliere tutti gli alimenti che tendono a far crescere e la carne è tra questi, anche se qualitativamente buona. Quando sto combattendo un cancro non posso permettermi eccezioni o fattori di crescita aggiuntivi”. 1

Lo stesso si dica della soia.

La soia è un fitoestrogeno- spiega Bonucci-. E come tale va a modulare certi meccanismi che in un paziente oncologico con cancro al seno, ad esempio, è controproducente poiché utilizzo un farmaco anti estrogeno. I tre studi WHO del 2012 che spingono a un consumo di soia come prevenzione al cancro al seno sono studi che hanno coinvolto solo 600-700 pazienti, tra le quali anche donne cinesi e giapponesi che già utilizzavano per tradizione la soia, e hanno ignorato i risultati di un importante studio che ha dimostrato come in pazienti con biopsia della mammella la somministrazione di 25g di soia in una bevanda ha generato una maggior incidenza di cellule proliferative del cancro. Non dimentichiamoci poi che nella nostra tradizione culinaria utilizziamo già alimenti con estrogeni come la salvia, il rosmarino e i legumi in genere. Perché aggiungere cibo a noi estraneo come la soia se poi sussistono anche dei dubbi sulla sua utilità?”

A concludere il tema alimentazione, l’intervento di Stefano Magno medico chirurgo e senologo del Policlinico Gemelli che commentando il ruolo della genetica nel cancro al seno, con particolare riferimento ai BRCA1 e BRCA2, ha aggiunto:

La genetica non deve essere sovrastimata. Il 30% del cancro è imputabile a fattori alimentari. Il 20% si lega agli stili di vita largamente intesa, compreso la mancanza di un’attività fisica che abbia inizio in giovane età. Solo il 5-10% è addebitabile la genetica. Parlando il linguaggio moderno dell’epigenetica è il modo in cui i geni si esprimono che conta. E il come si esprimono è strettamente correlato all’ambiente che sta loro intorno. Su questo si può intervenire e il primo modo riconosciuto per farlo è l’alimentazione”.

1 La stessa posizione è espressa dal figlio di T. C. Campbell e coautore del The China Study, Thomas Campbell nel suo libro “The Campbell Plan”, pp- 60-61 edizione italiana